NEWS:

Sanremo e body shaming, la psicologa: “BigMama scopre le sue forme e rompe un tabù”

L'artista ha 'rotto' uno schema sociale e culturale radicato che vuole che le donne con forme generose si coprano e non disvelino il corpo

Pubblicato:08-02-2024 18:05
Ultimo aggiornamento:08-02-2024 18:05

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – ‘La rabbia non ti basta’, è il titolo della canzone-manifesto che racconta della crescita personale, della facoltà di trasformare i sentimenti negativi in qualcosa di positivo, ed è stata portata in gara sul palcoscenico del Festival di Sanremo da BigMama. Ma non è tutto. Ieri all’Ariston l’icona della body positivity italiana, con il suo vestito e le calze soprattutto, non ha solo cantato ma ha infranto un tabù ancora ben radicato nella nostra società che impone alle donne ‘generose’ nelle forme di coprirsi. A testimonianza di ciò la valanga di commenti che si sono scatenati fuori e dentro il web e che ancora oggi non si fermano.

Ma cos’è il body shaming? Perchè ancora le donne oggi sono il sesso maggiormente colpito? Quali sono le strategie da mettere in atto, nella vita di tutti i giorni, per proteggersi da questa pratica denigratoria? Per cercare delle risposte l’agenzia di stampa Dire ha intervistato telefonicamente la sessuologa e psicoterapeuta Rosamaria Spina.
“Il body shaming è una pratica ancora molto diffusa che consiste nell’offendere e deridere un’altra persona a causa del suo aspetto fisico e colpisce indistintamente sia uomini che donne. Lo strumento principale con cui viene ‘perpetrata’ sono i social attraverso battute, doppi sensi, riferimenti ad aspetti riguardanti il corpo che creano sentimenti di vergogna e di imbarazzo in chi lo riceve. Così chi riceve queste ‘accuse’ finisce per sentirsi inadeguato al proprio aspetto fisico”, ha detto Spina.

LEGGI ANCHE: Sanremo 2024, body shaming contro un cantante: la Rai apre una procedura disciplinare


Il body shaming, chiarisce la psicologa, non è “rivolto solo a chi ha un peso ‘eccessivo’, ma anche a chi ha una eccessiva magrezza o più in generale ‘dei difetti fisici’. Quindi la specificità di quello che è definito difetto è spesso usato come mezzo per offendere e deridere la persona oggetto di body shaming”, sottolinea l’esperta.
Infatti Save the Children l’ha definito “una forma di violenza che sfrutta l’insicurezza corporea (la sensazione di disagio o insoddisfazione riguardo al proprio aspetto fisico) e assume spesso le forme del bullismo/cyberbullismo o dell’hate speech legati all’aspetto fisico”.

Una manifestazione della violenza di genere che secondo Eurispes colpisce in Rete il 45,9% delle giovani donne tra i 18 e i 24 anni, che sono anche le più esposte al body shaming (27,1%) e alle proposte sessuali esplicite (37,6%) che avvengono in Rete. “Le donne sono le più colpite perchè il fenomeno è legato ad aspetti sociali e culturali- spiega- se all’uomo ancora oggi si ‘tollerano’ quelli che possono essere considerati alcuni difetti fisici, alla donna si ‘chiede’ ancora oggi di raggiungere un ideale di perfezione fisica. La donna non dovrebbe essere quindi ne troppo magra (altrimenti sei anoressica), ne troppo grassa (altrimenti vieni considerata bulimica). Mentre nei confronti dell’uomo vale ancora il concetto che si esprime nel gergo comune ‘uomo di panza uomo di sostanza’ avvalorando che una certa forma fisica sia simbolo di qualità caratteriali o morali. Tutto questo fa parte di un modello culturalmente appreso. Mentre alla donna si continua a chiedere molto di più e in particolare di rispettare una sorta di ideale che passa dalla perfezione delle forme corporee”.

Ecco perchè, secondo Spina, “la performance di BigMama a Sanremo ha suscitato così tanto scandalo. L’artista ha ‘rotto’ uno schema sociale e culturale radicato che vuole che le donne con forme generose si coprano e non disvelino il corpo come invece ha fatto l’artista con i sui abiti particolarmente aderenti e le calze prima a rete e poi rosse e decorate. E’ proprio questo un modo con cui la donna può difendersi dal bodyshaming”. Proprio perché si tratta di “un atto denigratorio che appartiene a chi lo mette in atto e non a chi lo riceve- chiarisce la dottoressa Spina- dunque in prima battuta il modo giusto per difendersi è riconoscere che quando si sta bene o si impara a star bene con il proprio corpo, allora si lascia cadere quella parte dell’offesa. Solo così ci si può mostrare in libertà”.

Insomma non tener conto del giudizio altrui è un modo per rispedire al mittente l’odio ‘gratuito’. “BigMama- prosegue Spina- ha fatto questo ed è stato un grandissimo esempio per tutte le ragazze e le donne che purtroppo vengono colpite quotidianamente dal body shaming. L’artista ha inoltre dimostrato che, anche se ti arrivano le offese, gli insulti, le battute o i paragoni a volte con il mondo delle fiabe o dei cartoni animati, non bisogna farsi influenzare. L’importante, torno a dire è stare bene con il proprio corpo perchè, a quel punto, tutto quello che arriva dall’esterno, soprattutto se è negativo e ha lo scopo denigratorio, non dovrebbe toccarci”.

Infatti Bigmama alla fine della sua canzone “ha mostrato anche in modo orgoglioso le calze indossate sotto al suo vestito. Tutto questo però ha fatto clamore e scandalo perchè il pubblico non è abituato– aggiunge la psicoterapeuta- ci aspettiamo, ancora, che una donna un pò ‘burrosa’ si copra e non viceversa che metta in mostra le sue forme. Invece è questa l’inversione di marcia che tutte le donne dovrebbero mostrare per amarsi di più anche con i loro ‘piccoli’ o ‘grandi’ difetti, perchè sono questi ultimi in particolare a renderci uniche”.
La perfezione non esiste e “perdersi dietro un ipotetico modello di bellezza ideale rischia di farci rimanere sempre deluse e poi, ricordiamo, l’unicità di una donna non sta nella perfezione che se fosse raggiungibile ci renderebbe peraltro tutte uguali, ma nei ‘difetti’ o meglio in quelle caratteristiche che ci contraddistinguono”, ha concluso la psicoterapeuta Spina.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it