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VIDEO | Epatiti virali, Simit-Aisf: “Priorità prevenzione, screening e trattamento”

Un confronto tra politici e clinici per fare il punto sull’impegno della comunità scientifica e della politica sulle nuove strategie contro le epatiti

Pubblicato:07-07-2022 20:21
Ultimo aggiornamento:08-07-2022 01:10

Epatiti
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ROMA – Accelerazione delle regioni nei programmi di screening per l’epatite C; ampliamento della prevenzione nei confronti dell’epatite B; approvazione della nuova terapia per l’epatite Delta. Sono queste le tre priorità con cui oggi è necessario confrontarsi nella lotta contro le epatiti virali. Il prossimo 28 luglio, come ogni anno, si celebra la Giornata mondiale delle epatiti promossa dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e in vista di questa ricorrenza il ministero della Salute ha ospitato, questa mattina a Roma, l’incontro istituzionale ‘Epatiti virali, una priorità da non trascurare’, patrocinato dalle società scientifiche Aisf – Associazione italiana per lo studio del fegato e Simit – Società italiana di malattie infettive e tropicali, organizzato con il contributo non condizionante di Gilead Sciences.

Queste epatiti costituiscono una minaccia per la salute pubblica: possono rimanere a lungo latenti, ma, quando cronicizzano, provocano complicanze nel tempo anche fatali come cirrosi e epatocarcinoma. L’epatite B può essere prevenuta con il vaccino; l’Hcv grazie ai nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (Daa), si può eradicare definitivamente, in tempi rapidi e senza effetti collaterali; per l’epatite Delta è pronto un nuovo farmaco con ottime prospettive cliniche.

L’incontro di questa mattina ha messo a confronto politici e clinici per fare il punto sull’impegno della comunità scientifica e della politica sulle nuove strategie contro le epatiti. “Il tema delle epatiti è all’attenzione del ministero della Salute e del Governo- sottolinea il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri-. L’obiettivo posto dall’Oms di eliminare l’epatite C entro il 2030 è ambizioso, ma realizzabile nel nostro Paese con l’impegno condiviso di tutte le parti interessate, dal governo centrale alle Regioni, a cui sono stati già erogati 71,5 milioni di euro previsti dalla legge di bilancio del 2019 per questo scopo”.


“Alla fine dello scorso mese di aprile- continua Sileri- è stato istituito un Gruppo tecnico di coordinamento, monitoraggio e valutazione dello screening nazionale gratuito per Hcv. Questo gruppo ha lo scopo principale di coordinare le attività che si stanno avviando a livello regionale, fornendo indicazioni operative, garantendo la comunicazione tra i vari referenti, producendo materiale di comunicazione da mettere a disposizione degli enti interessati. Il Gruppo avrà anche il fondamentale compito di monitoraggio e valutazione dei risultati raggiunti attraverso la definizione e il calcolo di opportuni indicatori”.


“Le diverse epatiti richiedono azioni ad hoc- ha sottolineato nel corso dell’incontro Alessio Aghemo, segretario Aisf- Le esigenze comuni a tutte, soprattutto le più gravi (Hbv, Hcv, Hdv) sono prevenzione, identificazione, trattamento. La prevenzione riguarda un intervento complessivo su tutti i fattori che hanno un effetto negativo sulla salute del fegato: consumo di alcolici, obesità, controlli regolari. L’identificazione dei malati richiede delle capillari campagne di screening, soprattutto per l’epatite C, per la quale vi è lo stanziamento di 71,5 milioni per lo screening gratuito per fasce di età e in popolazioni chiave, ma l’implementazione delle azioni da mettere in atto non sono attivate in tutte le Regioni. Per l’epatite B l’Italia è un esempio, vista la vaccinazione obbligatoria alla nascita introdotta nel 1991, grazie alla quale il virus è quasi assente nella popolazione under 40, sebbene si riscontri ancora in altre fasce anagrafiche e in soggetti non nati in Italia. Sul trattamento ci sono due discorsi distinti: per l’Hcv esistono terapie risolutive, ma il problema è nell’identificazione del sommerso; per l’epatite Delta il nuovo farmaco bulevirtide, unico per meccanismo d’azione e somministrazione, permette di trattare anche senza interferone pazienti che prima non potevano ricevere alcuna terapia, ma deve essere approvato in tempi rapidi affinché possa essere utilizzato”.

Come riportato dai dati Aifa, se al 3 gennaio i pazienti avviati al trattamento per l’epatite C erano 232.004, al 4 luglio sono 239.161: poco più di 7 mila. Un trend che lascia prevedere un totale di circa 14-15 mila trattamenti in un anno, molti di meno rispetto al triennio precedente alla pandemia. “L’Italia è ancora in linea con l’obiettivo dell’Oms di eliminare l’epatite C entro il 2030, ma occorre uno sforzo in più- ha ribadito Claudio Mastroianni, presidente Simit- È fondamentale lo screening, anche perché la terapia, oltre a curare il paziente, diventa anche un importante mezzo di prevenzione per bloccare la trasmissione del virus. In questa fase bisogna muoversi in molteplici direzioni: anzitutto, si devono implementare a livello regionale tutte le politiche di screening su popolazioni target come detenuti presso gli istituti penitenziari e persone seguite dai servizi pubblici per le dipendenze (SerD), e far emergere il sommerso nelle fasce d’età previste nel decreto ministeriale. A queste politiche, solo in parte attuate, si dovrebbe aggiungere uno screening opportunistico, per cui si effettua un test ogniqualvolta una persona abbia la possibilità di farlo; ancora oggi vengono scoperti soggetti in fase avanzata di malattie epatica. Inoltre, è necessario prorogare la scadenza dei fondi stanziati per lo screening, che scadono il 31 dicembre 2022”.

L’Italia deve essere orgogliosa di aver introdotto, tra i primi paesi europei, lo screening per l’epatite C perché questo permette di far emergere pazienti che ancora non sanno di essere portatori e quindi di poter avere conseguenze di salute severe. Il nostro obiettivo è quello di fare politiche pubbliche e soprattutto con gli screening, che hanno un rapporto costo/efficacia molto valido, fare in modo che l’Italia raggiunga l’obiettivo dell’eliminazione dell’epatite C nel 2030. Puntiamo a far in modo che ci sia la capacità dei medici di medicina generale nell’individuazione dei pazienti e ad ampliare lo screening rispetto alle fasce di popolazione che sono definite”, ha sottolineato Elena Carnevali, deputata della XII Commissione Affari sociali della Camera dei deputati.


“Ci auguriamo che con il rimodellamento del sistema sanitario a livello territoriale la medicina generale possa essere in grado di poter effettuare gli screening e una diagnosi di primo livello nell’ambito degli ambulatori di nostra competenza- ha sottolineato Ignazio Grattagliano, responsabile epatite SIMG- ma questo sarà possibile solo se ci sarà consentito di avere su larga scala personale infermieristico e amministrativo che ci consenta di attuare la cosiddetta ‘medicina d’iniziativa’ per chiamare in studio pazienti che possono essere a rischio di avere un’epatite virale, soprattutto di quelle croniche”.

A completare il quadro delle epatiti, ci sono poi la A e la E, forme autolimitanti, trasmissibili per via oro-fecale. Non provocano problemi particolari, tranne rari casi. Per l’epatite A sono disponibili due vaccini, raccomandati soprattutto per i soggetti a rischio: chi viaggia in Paesi dove l’infezione è endemica, chi lavora in ambienti a contatto con il virus, tossicodipendenti, contatti familiari di chi ha l’Epatite A. L’Epatite E può destare apprensione in gravidanza o nei soggetti immunocompromessi, principio che vale per ogni patologia. Dopo un picco di casi nel 2019, in Italia vi è stata una costante riduzione.


EPATITI PEDIATRICHE, IN ITALIA NON C’È ALLARME

Negli ultimi mesi è stato sotto i riflettori, destando preoccupazione, il tema delle epatiti acute severe di origine sconosciuta nei bambini. Dopo l’aumento dei casi nel Regno Unito, il fenomeno è stato posto sotto osservazione dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Nelle settimane scorse gli esperti italiani avevano già rassicurato sul fatto che nel nostro Paese non si fosse registrato un aumento dei casi, oggi un’ulteriore conferma è arrivata nel corso dell’incontro istituzionale ‘epatiti virali, una priorità da non trascurare’, ospitato dal ministero della Salute e patrocinato dalle società scientifiche Aisf – Associazione italiana per lo studio del fegato e Simit – Società italiana di malattie infettive e tropicali, organizzato con il contributo non condizionante di Gilead Sciences. Nel corso dell’incontro Alessio Aghemo, segretario Aisf, ha sottolineato che “in Italia non sono stati ravvisati aspetti preoccupanti e non è segnalato un aumento dei casi rispetto alle previsioni”.

SIANI: “IN ITALIA C’È UN VACCINO CHE FUNZIONA BENE”

Sulla stessa scia Paolo Siani, vicepresidente della Commissione parlamentare infanzia e adolescenza, ha evidenziato come “pochi giorni fa il gruppo italiano di epatologia pediatrica, coordinato da Claudia Mandato, ha fatto un ultimo report in cui evidenzia come nel nostro paese non ci sia stato alcun aumento di casi di epatite non differenziata”. Dunque nessun allarme.

Per quanto riguarda gli altri tipi di epatiti virali, tema oggetto del convegno, Siani ha evidenziato come di fatto in Italia per la fascia pediatrica “le epatiti sono piuttosto rare perché c’è un vaccino che funziona bene e annienta questa patologia che invece quando c’è è molto insidiosa. Per l’epatite B, che è la più diffusa, il vaccino rientra tra gli obbligatori– ha ricordato il vicepresidente- e quindi tutti i bambini che nascono lo fanno. Poi c’è l’epatite A- ha detto- e anche per questa esiste un vaccino che può essere fatto in caso di necessità”. 


EPATITE DELTA, IN ITALIA RIGUARDA OVER 60 E GIOVANI MIGRANTI

Il virus dell’epatite Delta, scoperto nel 1977 da Mario Rizzetto, causa la forma più severa di tutti i virus epatitici. Questa epatite si manifesta solo nelle persone affette da epatite B e purtroppo non ci sono dati accurati sulla prevalenza sia nel mondo che in Italia, anche per la mancanza di una terapia efficace. Il tema è stato affrontato questa mattina nel corso dell’incontro istituzionale ‘Epatiti virali, una priorità da non trascurare’, ospitato presso il ministero della Salute e patrocinato dalle società scientifiche Aisf – Associazione italiana per lo studio del fegato e Simit – Società italiana di malattie infettive e tropicali, organizzato con il contributo non condizionante di Gilead Sciences.

“Grazie alla vaccinazione contro l’epatite B, le persone fino a 40 anni sono immuni all’infezione sia da epatite B che da epatite Delta- ha spiegato Loreta Kondili- Tuttavia, i flussi migratori verso l’Italia da zone ad elevata prevalenza di Hbv (Asia, Africa ed Est Europa) hanno influenzato l’epidemiologia dell’infezione Delta in Italia. La piattaforma italiana per lo studio delle terapie delle epatiti virali (Piter Hbv/Hdv) ha riscontrato uno scenario epidemiologico clinico attualizzato in cui i pazienti nati in Italia sono più anziani, hanno una malattia del fegato avanzata, da dover ricorrere spesso a trapianto di fegato, e molte altre comorbidità. Le persone migrate in Italia, invece, sono spesso giovani, con una malattia di fegato in rapida progressione e con un elevato rischio di gravi conseguenze sin dalla giovane età, l’epatite Delta è presente in circa l’11% di questa popolazione con epatite B”.
“I nuovi antivirali contro l’infezione da virus dell’epatite Delta- ha evidenziato Kondili- permettono nuove prospettive ottimistiche di cura. Pertanto, serve una diagnosi precoce a cui far seguire un’appropriata terapia antivirale per diminuire l’elevato impatto clinico ed economico sul Servizio sanitario nazionale della malattia da virus dell’epatite B e Delta”.
“Gli scenari terapeutici che abbiamo di fronte oggi sono molto promettenti dunque il messaggio da diffondere- conclude Kondili- è fare diagnosi di Delta in tutti i portatori di epatite B e affrontare un percorso di cura adeguato”.


SITHA: INVESTIMENTO IN SCREENING SI RECUPERA IN 4 ANNI

“Investire per la salute dei cittadini conviene, lo screening per l’epatite C ce lo dimostra. Recenti ricerche hanno, infatti, messo in evidenza come grazie a una politica di screening allargata e omogenea su tutto il territorio nazionale si potrebbe riuscire a garantire un ritorno dell’investimento in quattro anni e tre mesi, quindi dal quarto anno di screening in poi avremo soltanto risparmi per il Servizio sanitario nazionale e riduzioni dei casi incidenti e prevalenti di epatite, dunque un miglioramento dal punto di vista dell’impatto economico e sociale”. Lo ha sottolineato Francesco Saverio Mennini, presidente Sitha, nel corso dell’incontro istituzionale ‘Epatiti virali, una priorità da non trascurare, ospitato dal ministero della Salute e patrocinato dalle società scientifiche Aisf – Associazione italiana per lo studio del fegato e Simit – Società italiana di malattie infettive e tropicali, organizzato con il contributo non condizionante di Gilead Sciences.

Diagnosticare precocemente la malattia fa sì che i pazienti possano essere trattati prima e con farmaci altamente efficaci– ha evidenziato Mennini- dal punto di vista strettamente economico gli studi hanno dimostrato che c’è un vantaggio intorno ai 60-70 milioni di euro. La cosa più importante, però, è che lo screening, insieme ai trattamenti efficaci, si rivela essere un investimento in salute”. A riprova il presidente Sitha sottolinea in conclusione che “uno studio di prossima pubblicazione dimostra come grazie all’utilizzo dei trattamenti altamente efficaci si stia riducendo sempre di più il tasso di ospedalizzazione di pazienti affetti da epatite C”.

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