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Ecoansia: bastano psicologo e pillola o la vera cura è la politica?

L'editoriale del direttore Nico Perrone

Pubblicato:04-09-2023 18:01
Ultimo aggiornamento:04-09-2023 18:01

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ROMA – Un fenomeno in crescita, che colpisce ogni classe d’età ma soprattutto le giovani generazioni. Parliamo di ecoansia, che il più delle volte si manifesta come ossessione per le condizioni meteo, paura per eventi distruttivi e non controllabili, senso di apatia. Anche in Italia il cambiamento climatico ormai presenta il suo conto, un conto pesante non solo per i danni delle devastazioni ma anche per i tanti morti. Se ne stanno già occupando gli psicologi di gran parte del mondo, che già da tempo segnalano casi in crescita. I giovani sembrano i più colpiti, molte volte sono proprio loro quelli più consapevoli e aggiornati su quanto sta accadendo al nostro pianeta. Molte volte danno origine a forme di proteste pesanti, penso al blocco del traffico in città o agli atti vandalici dentro musei e palazzi storici. Lo fanno per lanciare l’allarme, per crere consapevolezza diffusa. Chiaro che qualcuno, come sempre accade, cerchi anche di fare soldi magari ricorrendo alla solita pillola scaccia guai. Ma il problema, come detto, non riguarda più i singoli ma una massa di individui. Bisogna quindi contrastare chi cerca di rendere una mera patologia questo malessere che, al contrario, segnala un bisogno forte di politica e di risposte concrete da parte dei nostri governanti.

Anche se l’ecoansia causa sofferenza e dolore psichico, da non sottovalutare, non bisogna però ignorare la questione politica all’origine. Anche l’autorevole rivista Lancet si è interessata di questo problema segnalando che la metà dei giovani tra i 16 e i 25 anni soffre per la crisi climatica, e quindi non possiamo trattarla come una sorta di nevrosi personale. Occorre analizzare e riflettere su questo malessere collettivo, in crescita, la cui soluzione come detto non può essere il lettino dello psicologo o la pilloletta. Perché siamo di fronte ad una reazione molto razionale, come affermano numerosi analisti e psicologi, considerando la gravità della crisi. Per questo il disagio mentale non deve mai spostare l’attenzione dalla risposta sociale necessaria per affrontare il cambiamento climatico in atto. Concentrandosi sulle cause politiche, sulle decisioni che in questi decenni hanno puntato sullo sfruttamento e il saccheggio delle risorse, sulla crescita sfrenata e senza regole che i sempre più ricchi stanno facendo pagare ai sempre più poveri. E’ il nostro modello produttivo, economico e sociale che bisogna mettere in discussione trovando forme diverse di sviluppo più sostenibile, più equo e solidale. Ce lo dicono i dati e ricerche le più diverse, segnalano asncora una volta che il progresso di una parte minima è stato raggiunto grazie allo sfruttamento della gran parte del mondo. Di qui occorre passare all’azione perché non è affatto vero che i giovani sono passivi o paralizzati dalla paura nei confronti di pericoli contro cui non si può far nulla. Al contrario, è un problema politico che necessità di scelte radicali e innovative. Forse è proprio questo che preoccupa lor signori, e che cercano in ogni modo di scongiurare: il terrore che l’ecoansia si trasformi in ecorabbia, allora sì che saranno dolori.


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