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Giornalismo, firmata la ‘carta di Assisi’: “Abbattiamo i muri mediatici”

La Carta è presentata come "un manifesto internazionale contro i muri mediatici e l'uso delle parole"

Pubblicato:03-05-2019 14:53
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:26

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ROMA – “La forza della Carta di Assisi è il fatto che provenga dal basso, in un momento in cui a fare comunicazione non sono solo i professioniati ma tutti, attraverso i nuovi media. Ecco perche ha il valore di un Giuramento di Ippocrate”. Così Paolo Ruffini, prefetto del dicastero Vaticano per l’Informazione intervenendo questo pomeriggio nella sede della Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi), alla firma della Carta di Assisi da parte di rappresentanti delle tre grandi religioni monoteiste.

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La Carta è presentata come “un manifesto internazionale contro i muri mediatici e l’uso delle parole”. La firma coincide con la Giornata mondiale della libertà di stampa promossa dall’Unesco, in contemporanea con una conferenza internazionale in corso ad Addis Abeba, in Etiopia.


“Quando lavoro al mio giornale, mi interrogo sempre su cosa significhi fare informazione oggi che la nostra società vive una tensione continua” dice padre Antonio Spadaro, direttore de ‘La Civiltà Cattolica’, proponendo un tema che i relatori sollevano più volte nel corso dell’incontro: quello dei discorsi di odio, che creano allarme, e che giungono da persone comuni così come da certi politici e quotidiani.
Una pratica a cui purtroppo il web fa da amplificatore. Eppure i media, evidenzia padre Spadaro, servono a costruire e rafforzare la democrazia. Spesso, obiettivo di questi attacchi sono persone o culture altre, vittime di razzismo, omofobia o islamofobia.

“Noi musulmani – ha detto Salah Ramadan Elsayed, imam della Grande moschea di Roma – crediamo che Dio abbia creato l’universo con una parola, e noi riteniamo che la stessa forza appartenga anche agli esseri umani, ma c’è chi usa le parole per costruire e chi per distruggere. Ecco perché dobbiamo impegnarci al rispetto reciprico nella diversità, imparando la lezione della storia: tra i popoli del Mediterraneo è più ciò che ci unisce rispetto a ciò che ci divide”. E al male, conclude l’imam, “si resiste con parole e pensieri positivi e costruttivi”.

Non si fa però del male solo con le parole, evidenzia Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, sollevando il tema dei giornalisti che vivono sotto scorta, o subiscono minacce per il loro lavoro.

Tra i tanti, Paolo Berizzi più volte minacciato per le sue inchieste sui gruppi neofascisti e neonazisti. Tanti anche quelli che perdono la vita: quattro solo in Europa negli ultimi 18 mesi. Più in generale, l’Fnsi invita a non dimenticare Daphne Caruana Galizia, Jan Kuciak, Victoria Marinova e Lyra McKee.

A intervenire anche Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia. “Il giornalismo – sottolinea l’attivista – non è un reato e i dieci punti della Carta sono un antidoto all’odio irresponsabile e, perdonate il gioco di parole, anche alla ‘Carta di Al-Sisi’ – il presidente egiziano, ndr – che vuol dire prigione, violenza e repressione”.

Noury porta il dibattito fuori dei confini italiani e, oltre all’Egitto, ricorda le persecuzioni subite dai cronisti in Paesi come Siria, Yemen, Repubblica Centrafricana, Messico o Turkmenistan.

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