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“Borsellino dopo Capaci scoprì cose tremende”: l’audizione in commissione Antimafia

Lo ha rivelato l'avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino e legale della famiglia del magistrato ucciso il 19 luglio 1992

Pubblicato:02-10-2023 20:04
Ultimo aggiornamento:03-10-2023 10:19
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borsellino strage via d'amelio
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ROMA – Dopo la strage di Capaci del 23 maggio 1992, Paolo Borsellino disse che stava “scoprendo delle cose tremende, inimmaginabili”. Lo ha rivelato l’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino e legale della famiglia del magistrato ucciso in via D’Amelio, nel corso dell’audizione presso la commissione Antimafia.

“COSE TREMENDE, INIMMAGINABILI”

Trizzino cita le parole riferite da Maria Falcone, sorella di Giovanni, morto nella strage di Capaci, nella sua audizione al Csm datata 30 luglio 1992. “Maria Falcone riferisce che in occasione del trigesimo della morte del fratello, il 23 giugno, ‘Paolo, di fronte alla mia necessità e di Alfredo Morvillo (fratello di Francesca, ndr) di dichiarare davanti al mondo le ragioni che avevano costretto mio fratello Giovanni ad abbandonare Palermo – è la ricostruzione di Trizzino -, disse di stare calmi perché stava scoprendo delle cose tremende, inimmaginabili'”.

L’INCONTRO SEGRETO CON MORI E DE DONNO

Il legale della famiglia Borsellino, ascoltato dalla presidente della Commissione Chiara Colosimo e dagli altri commissari, parla dell’incontro segreto tra il magistrato e gli allora ufficiali del Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno: “Borsellino li incontrò fuori dalla Procura perché aveva scoperto cose tremende sul contro del suo capo, il procuratore Pietro Giammanco“. Tutto questo, secondo Trizzino, “arricchisce e rafforza la rappresentazione contenuta nelle sentenze definitive” su via D’Amelio “che parlano di contrasti e di circostanze talmente gravi che rafforzarono Borsellino nel convincimento che il suo capo era un infedele”. Da qui la convinzione del legale: Borsellino avrebbe voluto “arrestare” o “fare arrestare” Giammanco.


Borsellino, riferisce ancora Trizzino, “chiese al maresciallo Canale di attivarsi per quell’incontro carbonaro alla caserma Carini di Palermo” con gli ufficiali del Ros. “Borsellino e De Donno non si conoscevano – ha ricordato ancora il legale -, mentre con Mori c’era una conoscenza di vista”. Con il generale Subranni, invece, il magistrato aveva “un rapporto di stima reciproca”.
Alla base del faccia a faccia ci sarebbe stato il dossier ‘mafia e appalti’ che era stato redatto dal Ros. Trizzino poi riassume: “Di questo incontro erano quindi a conoscenza Mori, De Donno, il maresciallo Carmelo Canale e l’allora magistrato dell’epoca Roberto Scarpinato”, quest’ultimo presente in audizione in quanto parlamentare M5s. “La circostanza è stata affermata dallo stesso Scarpinato in aula ad Avezzano”, ha concluso Trizzino.

LEGALE FAMIGLIA: PER NOI IMPOSSIBILE ELABORARE IL LUTTO

“Noi non viviamo più, l’elaborazione del lutto è impossibile a questo punto”. Queste le parole pronunciate da Fabio Trizzino.
Secondo Trizzino “è una questione di dignità e di impegno: le nuove generazioni della famiglia Borsellino, anziché cercare di vivere la propria vita sono costrette a impegnarsi nella ricerca della verità che non è semplice”.

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