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Femminicidio; la scuola educhi al rispetto dell’altro ma anche ad accettare rinuncia e sconfitta

di Anna Paola Sabatini, Direttore dell’Ufficio scolastico del Molise

Pubblicato:02-06-2016 15:54
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:49

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di Anna Paola Sabatini, Direttore dell’Ufficio scolastico del Molise

Ogni volta che una donna viene picchiata, ferita e uccisa, un pezzo della nostra società muore con lei. E’ il fallimento dei nostri valori, della nostra sfera educativa. La morte di Sara Di Pietrantonio è la conferma che il problema della violenza sulle donne in Italia e nel mondo non può essere considerato solo un fenomeno sociale da controllare e gestire, ma rappresenta una vera e propria emergenza sociale. I dati diffusi dall’Istat e riferiti al 2015 fanno emergere come il 35% delle donne nel mondo abbia subito una qualche violenza. Secondo Telefono Rosa, invece, i casi di femminicidio in Italia registrati dall’inizio del 2015 sono 155, mentre sono 8.856 le vittime di violenza, 1.261 di stalking. Ma il 90% delle donne decide di non denunciare.

Per fermare tutta questa violenza non basta solo punire i colpevoli, ma occorre prevenire la nascita di fenomeni di devianza puntando sulla cultura del rispetto dell’altro ma anche ad accettare rinunce e sconfitte. Ed è ancora una volta la scuola a dover essere protagonista in questo percorso, a dover educare i giovani a comprendere che la vita è un viaggio dove le strade di due persone possono avvicinarsi e allontanarsi. Una scuola che deve educare alla totale cultura della parità e alla totale condanna della violenza. Non c’è alternativa se si vuole impedire in futuro nuove casi come quello di Sara, dove le famiglie sembrano essere impotenti davanti a tanto orrore. Giusto indignarci, giusto chiedere giustizia, ma occorre anche agire per prevenire.


Per fermare il fenomeno della violenza sulle donne occorre pensare a una strategia a medio lungo termine che possa coinvolgere la nostra intera società ed avere effetti concreti sulle nuove generazioni. Possiamo farlo partendo dalla scuola, luogo di confronto per eccellenza tra educatori e studenti, e con l’aiuto delle famiglie, altra colonna fondamentale per il trasferimento di insegnamenti e valori. Possiamo farlo apportando alle nostre vite quel cambiamento necessario per immaginare una società più giusta, dove il rispetto fra le persone diventi un elemento fondante della nostra cultura. Ce lo chiedono i genitori di Sara e di quelle famiglie dove la violenza e il femminicidio hanno causato morte e dolore. Ce lo chiedono anche i genitori di coloro che hanno commesso questi atroci delitti, tra i loro mille dubbi e tormenti, affogati nella vergogna del fallimento educativo.

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