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Imprese. Il motore del Made in Italy è l’agroalimentare

Settore trainato da artigiani e piccole imprese e alimentato dal carburante dei prodotti di qualità: 801 tra Dop, Igp e specialità tipiche geografiche

Pubblicato:16-04-2016 11:06
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:34

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orto ciboROMA  –  Il vero motore del made in Italy? E’ il settore dell’agroalimentare trainato da artigiani e piccole imprese e alimentato dal carburante dei prodotti di qualità: 801 tra Dop, Igp e specialità tipiche geografiche, che rappresentano oltre un quarto delle vendite mondiali di prodotti riconosciuti. Eppure tra una burocrazia da incubo, una contraffazione sempre più diffusa, l’invasione di prodotti agroalimentari d’importazione e altri fattori, artigiani e piccole imprese del comparto non riescono a esprimere pienamente tutte le loro potenzialità. Questa la fotografia scattata nel convegno “L’eccellenza della produzione agroalimentare italiana tra tradizione e innovazione” a cui hanno partecipato questa mattina a Parma, tra gli altri, il presidente nazionale di Cna, Daniele Vaccarino, Mirco della Vecchia, presidente di Cna alimentare, e il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina. Cuore dell’evento, la presentazione dei dati del settore nel periodo 2007-2014 e i risultati di un questionario curato e rivolto da Cna a circa mille piccole imprese. I numeri dicono anche che l’agroalimentare rappresenta l’8,7% del Pil nazionale, il 13,9% se si aggiunge il valore dell’indotto. A confronto, il tessile abbigliamento arriva al 5,4% e l’arredamento al 3,1%. Nel manifatturiero italiano l’agroalimentare è secondo solo al metalmeccanico. L’anno scorso ha totalizzato 36,8 miliardi di esportazioni, segnando un più 7,3%: due volte e mezzo la crescita dell’export nazionale, attestata al più 3,7%. Un’eccellenza, come detto, firmata quasi totalmente da artigiani e piccole imprese. Le pmi con meno di cinque milioni di fatturato attive nella filiera, dalla produzione somministrazione, sono infatti oltre 245.000 (dati 2014 banca dati Sose-Agenzia delle Entrate).

Su 58.000 aziende specializzate nella produzione alimentare 40.000 sono invece le imprese artigiane e 12.000 quelle con meno di 50 dipendenti. Tra il 2007 e il 2014 il numero complessivo delle imprese è salito del 6,8% (da 230.109 a 245.779), e numeri in crescita hanno registrato i dipendenti (+6%), che sono passati da 306.347 a 324.524. Negli stessi anni bui dell’economia emerge anche un passaggio preferenziale verso forme d’impresa più strutturata. Le società di capitali sono aumentate del 43,1% (e ora rappresentano l’11% del totale), a fronte di un +6,3% delle persone fisiche (ora il 52% complessivo) e un calo (dello 0,8%) delle società di persone. Per quanto riguarda gli indicatori economici, invece, tra il 2007 e il 2014 il valore degli investimenti in beni strumentali è cresciuto del 19,1%, passando da 17.688 a 21.067 milioni. Significativo anche l’andamento dei ricavi, cresciuti del 9,3% e passati da 40.312 a 44.058 milioni. I redditi sono invece diminuiti di poco meno dell’1% (da 4.285 milioni del 2007 a 4.247 milioni del 2014) per far fronte alla competizione globale. Nonostante i numeri più che positivi però artigiani e pmi dell’agroalimentare non dormono sonni tranquilli. Lo testimoniano le risposte di circa mille piccole imprese al questionario della Cna, che mettono sul banco degli accusati la contraffazione, le difficoltà ad arrivare sui mercati internazionali, il ruolo crescente della grande distribuzione organizzata con i tempi di pagamento che si allungano, l’invasione di prodotti agroalimentari d’importazione e, dietro l’angolo, il Trattato Transatlantico con gli Usa. Per queste imprese la burocrazia è un incubo. Per avviare un’attività alimentare sono necessari 56 adempimenti. Il tempo sottratto all’attività per adempiere alle richieste burocratiche “ruba” fino a 15 giorni l’anno secondo il 14% degli interpellati, tra 16 e 60 giorni per il 48%, oltre 60 giorni per il 38%. Tre intervistati su quattro ritengono che la normativa nazionale, scaturita per il 90% dalle norme europee, rappresenti un elemento di svantaggio competitivo. Nel mirino anche gli eccessivi controlli. Il 60% degli intervistati ritiene prioritario istituire una banca dati unica. Oggi sono 15 i soggetti preposti ai controlli, suddivisi fra quattro ministeri: Politiche agricole, Economia, Salute e Sviluppo economico. P er gli artigiani e gli imprenditori coinvolti nell’indagine realizzata dalla Cna va razionalizzato l’intero sistema, riducendo il numero delle formalità. Va bene, quindi, accorpare tutte le competenze del settore in un unico dicastero per rafforzare il rapporto tra agricoltori e trasformatori. E vanno evitati i conflitti tra ministeri nell’interpretazione delle leggi, com’è accaduto nel recente passato con la questione dei tempi di pagamento fra imprese della filiera.


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