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Una tac alla mummia per scoprire l’ictus nel passato: ecco lo studio di paleopatologia

Fino ad oggi non ne era stata dimostrata l'esistenza nel passato. O almeno, non attraverso uno studio specifico di paleopatologia dei resti mortali, in pratica con una mummia.

Pubblicato:14-11-2017 17:21
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:53

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RIMINI – “In quanto uomini, siamo tutti uguali davanti alla morte“, recita un aforisma del drammaturgo latino Publilio Sirio. E, fra le cause di morte piu’ comuni nel mondo, l’ictus cerebrale ricopre il secondo posto per le persone sopra i 60 anni. La lista di personaggi celebri della storia morti per ictus include politici del calibro di Richard Nixon, ex presidente degli Stati Uniti, di Winston Churchill, ex premier inglese durante la Guerra mondiale, ed Enrico Berlinguer, segretario del Partito comunista italiano per oltre un decennio. Ma anche poeti e scrittori come Charles Baudelaire, Salvatore Quasimodo, Giovanni Verga o Italo Calvino. La malattia, responsabile di disabilita’ e di deficit cognitivi e motori irreversibili, e’ stata descritta nell’antichita’ dal padre della medicina, il greco Ippocrate, mentre alcune tracce si pensa siano rilevabili persino nei bassorilievi dell’antico Egitto. Ma fino ad oggi non ne era stata dimostrata l’esistenza nel passato. O almeno, non attraverso uno studio specifico di paleopatologia dei resti mortali, in pratica con una mummia. Ora un pool di esperti ha ottenuto “un importante primato a livello mondiale”, dice il team che ha lavorato partendo dai resti di un sacerdote deceduto a meta’ del 1700. Gia’ nel 1857 ci fu una proposta di studio sui resti mummificati del granduca di Toscana Francesco I de’ Medici, morto alla fine del Cinquecento, a 46 anni. Il cadavere venne ritrovato con “le mani increspate e ben contratte”, che lasciavano intuire la morte dell’uomo “avvenuta tra gli spasimi”, cosi’ come e’ scritto nella ricerca effettuata alla riesumazione dei corpi dei signori medicei.


Gli esami sono stati effettuati sui resti mummificati di don Giovanni Arcangeli

L’impossibilita’ di riesumazione del corpo del granduca Francesco I de’ Medici ha fatto si’ che un’altra mummia fosse oggetto di ricerca per il team multidisciplinare coordinato da Francesco Maria Galassi, paleopatologo di fama internazionale e uno fra gli ‘Under 30 che cambieranno l’Europa’ secondo la rivista Forbes, che lavora per l’Universita’ di Zurigo, in Svizzera, e di Flinders, in Australia. Al fianco di Galassi, originario di Santarcangelo di Romagna in provincia di Rimini, nel team figurano Stefano De Carolis, direttore della Scuola di storia della medicina dell’ordine dei medici di Rimini, l’archeologo Marcello Cartoceti ed Enrico Cavagna, direttore del dipartimento di Diagnostica per immagini dell’Ausl della Romagna. I quattro studiosi, le cui ricerche sono state autorizzate dalla Soprintendenza ai beni archeologici di Ravenna e dalla curia di Rimini, hanno infatti risolto l’enigma della paleopatologia dell’ictus grazie agli esami effettuati sui resti mummificati di don Giovanni Arcangeli, un sacerdote della parrocchia di San Lorenzo a Monte morto nel 1751 a 73 anni, un’eta’ non comune a meta’ Settecento in cui si moriva anche per una banale infezione. I resti, rinvenuti nel 2005 in stato di frammentazione, mostravano una contrazione anomala dell’arto e della mano sinistra. Si penso’ a una possibile paralisi anche se venne presa in esame la possibilita’ di una forma estrema di rigor mortis, benche’ la contrazione dei tendini del dorso della mano fosse riconducibile ai casi pazienti colpiti da paralisi da ictus.

La ricerca del pool di studiosi ha dunque incrociato il dato storico con l’evidenzia dello stato della mummia

Alcuni documenti riguardanti la morte del sacerdote vennero poi ritrovati nell’archivio storico diocesano di Rimini dai quali risultava che don Arcangeli fosse stato colpito due anni prima della morte da un ictus che lo lascio’ gravemente invalido, costringendolo ad abbandonare la conduzione della parrocchia. La ricerca del pool di studiosi ha dunque incrociato il dato storico con l’evidenzia dello stato della mummia, secondo la metodologia della paleopatografica. “In questo modo e’ possibile ricostruire le caratteristiche delle patologie del passato- ha spiegato Galassi, gia’ autore degli studi sul caso di gigantismo nel faraone Sa-Nakht e per aver decifrato il mistero della morte di Boccaccio- e per noi si tratta di un importante primato a livello mondiale”. Gli esiti di questo studio preliminare sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista di medicina cardiovascolare Circulation Research.

“È un grande risultato per il gruppo Cultura e per la scuola di storia della medicina, che hanno come obiettivo la riscoperta e la diffusione di questa importantissima disciplina- commenta De Carolis”. Nei giorni scorsi i resti della mummia sono stati sottoposti a uno studio tac all’ospedale Infermi di Rimini, sotto la direzione scientifica di Cavagna e ad analisi chimiche e molecolari. La tomografia ha rilevato la presenza di una calcificazione a livello dell’arteria carotide destra, compatibile con un attacco ischemico dell’emisfero cerebrale destro e conseguente paralisi dell’arto sinistro. “La paleoradiologia offre un importante contributo alla ricerca storico-medica- spiega il direttore del dipartimento di Diagnostica per immagini dell’Ausl della Romagna Enrico Cavagna- Penso ci siano le basi per uno studio multidisciplinare di grandissimo impatto per la comunita’ scientifica”. La ricerca continua e proietta Rimini al centro degli studi sulla paleomedica a livello mondiale.

di Giuseppe Gabrieli, giornalista

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