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La lezione di Daniele Cassioli, campione paralimpico cieco dalla nascita: “Vinco tutte le gare perché non guardo in faccia a nessuno”  

La nuova immagine degli atleti con disabilità: “Oggi fa figo essere come noi: c’è chi ci chiede di gareggiare perché ha un’unghia incarnita”

Pubblicato:25-07-2023 15:12
Ultimo aggiornamento:31-08-2023 11:10

daniele cassioli
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SENIGALLIA – “Come ho fatto a vincere 25 titoli mondiali di sci nautico? È semplice: non guardo in faccia a nessuno”. Daniele Cassioli, 37 anni ad agosto, è cieco dalla nascita ma riesce a vedere (e sentire) con estrema nitidezza l’importanza di quella battuta pronunciata sul palco degli X-Masters, il festival di musica e sport organizzato da Radio105 sull’assolata spiaggia di Senigallia, nelle Marche. L’autoironia è uno strumento molto utile a disinnescare retropensieri posticci su cosa poter dire e cosa no a una persona con disabilità. Il condizionamento lessicale può infatti assumere le forme di un’anticamera della discriminazione: sei diverso e ho paura che tu possa offenderti. Ma Daniele Cassioli è un ragazzo come quelli accorsi ad ascoltarlo e con cui “ieri ho fatto serata, ci siamo divertiti da matti a ballare, a bere gin tonic e a cantare Corazon Espinado (il celebre pezzo di Carlos Santana in cui si cimenta con discreta intonazione). Sono anche queste le serate inclusive”, chiosa convinto.

daniele cassioli

In realtà qualcosa di ‘diverso’ Daniele ce l’ha: da molti è considerato il più grande atleta paralimpico di tutti i tempi nella sua disciplina. Ha messo per la prima volta gli sci ai piedi nel 1995, all’età di 9 anni: “Da allora l’immagine pubblica dello sportivo con disabilità è radicalmente cambiata, direi che si è addirittura ribaltata. Oggi fa quasi figo essere atleta paralimpico, c’è chi ci scrive dicendo di avere un’unghia incarnita nella speranza di fare l’atleta paralimpico. Quando ho iniziato, invece, la gente sul pontile tendeva a nascondersi”. Un assist a porta vuota per l’ennesima battuta: “E con me nascondersi è molto facile”. Giù le risate, sopra e sotto il palco. Mentre Daniele Cassioli parla, il maxi-schermo alle sue spalle proietta immagini delle sue imprese agonistiche e del suo impegno nel sociale con l’associazione che ha fondato nel 2019, la Real Eyes Sport, attraverso cui promuove lo sport tra i bambini non vedenti. “Grazie per avermi descritto questo video perché, ovviamente, io non l’ho mai visto”. Torna serio quando gli chiedono cosa prova indossando gli sci d’acqua: “La più grande emozione è la libertà, immagina girare per una città senza vedere, con il bastone bianco. Vivo vicino Milano, oggi tutti guidano un monopattino, se non ce l’hai non sei nessuno. Diciamo che lo parcheggiano un po’ a caso, per non parlare delle cacche dei cani…paradossalmente è più difficile fare 200 metri sui marciapiedi che saltare 15-20 metri con gli sci”.

Gli X-Masters vedono la partecipazione di Inail e del Comitato Italiano Paralimpico, con uno stand in comune in cui è possibile dare una sbirciata alla rivista Superabile, il contact center di Inail per la disabilità. Tante storie come quelle di Daniele, anche di chi non ha vinto medaglie ma condivide con lui la voglia di vivere con passione. Cassioli rivendica però il ruolo di pioniere in ambito sportivo: “Oggi c’è molta più didattica nello sport, quando ho iniziato mi parlarono di un gruppo di disperati che voleva fare sci nautico: era composto da uno senza gamba e un altro senza mano, per essere al completo mancava quello cieco. Ci siamo lanciati, ricordo che a volte l’allenatore mi diceva che dalla barca mi faceva segni. Ma come potevo mai vederli? Da quell’esperienza è nato un metodo di allenamento”. L’intervista nel frattempo calamita l’attenzione dell’intero festival. È una lectio magistralis su come approcciare alla vita. “I vedenti mi stavano anche un po’ antipatici. Guarda che botta di fortuna, ho pensato per tanti anni. Se vedessi sarei più felice. Poi ho capito che c’è chi vede ed è incazzato dalla mattina alla sera. Oggi invece devo dire grazie in primis alle mie retine (soffre di una retinite pigmentosa, ndr). Le ho maledette per tanti anni ma sono loro che hanno innescato questo meccanismo. Poi devo ringraziare i miei genitori e le persone con cui ho condiviso questo percorso. Il titolo del mio primo libro è ‘Il vento contro’. Ognuno di noi ha il proprio vento contro, è come scegliamo di viverlo che fa la differenza”.


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