ROMA – Per risolvere la crisi dei Rohingya bisogna ripartire dalla societa’ civile. Ne e’ convinta Ni Ni Myint, portavoce di ActionAid in Myanmnar. Intervistata dall’agenzia DIRE presso la sede romana dell’ong internazionale, Myint spiega che non a caso dal 2006 ActionAid e’ presente nel Paese asiatico con corsi di formazione per adulti dai 18 ai 35 anni, in particolare nelle zone rurali.
“Il nostro obiettivo e’ rendere le persone in grado di partecipare alle scelte della comunita’ in modo responsabile e consapevole. Ci stanno a cuore soprattutto le donne: non hanno potere decisionale in famiglia, figuriamoci nelle istituzioni. E subiscono abusi e violenze di ogni tipo”.
Pregiudizi culturali e il retaggio di decenni di dittatura militare impediscono alla gente di rendersi protagonista del cambiamento, o di opporsi a violenze come quelle che si sono abbattute sui Rohingya. Uno ‘scandalo’ che sta confiscando il sostegno della comunita’ internazionale al primo governo democraticamente eletto da anni. “La situazione e’ complessa – dice Myint – perche’ Aung San Suu Kyi ha il compito di coniugare sviluppo economico e attenzione per i diritti umani, in un delicato gioco di equilibri con l’esercito”, che mantiene un certo potere.
A coloro che non risparmiano critiche – o minacce di sanzioni economiche – Myint suggerisce moderazione: “Bisogna mantenere il dialogo aperto con il governo e le amministrazioni locali, affinche’ acconsentano ad aprire corridoi umanitari verso lo Stato di Rakhine. Le punizioni colpiscono solo altra gente sfortunata”.
La questione dei Rohingya poi, sottolinea il portavoce di ActionAid, “non risale al 24 agosto – quando sono iniziati i bombardamenti nello Stato di Rakhine, ndr – ma a secoli fa. Ed e’ spinosa: le persone considerano i Rohingya bengalesi nonostante vivano in Myanmar da secoli. Inoltre non si deve correre il rischio di lasciare nell’ombra le persecuzioni che patiscono le altre minoranze etniche birmane”.
ActionAid in Myanmar promuove anche piani per garantire alle famiglie il reddito per una vita dignitosa, nonche’ scuole primarie per i bambini e servizi in ambito medico-sanitario. L’ong fornisce infine assistenza ai Rohinghya profughi in Bangladesh.
di Alessandra Fabbretti, giornalista
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