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Costretti ad incontrare il padre accusato di maltrattamenti, la CEDU condanna l’Italia

Accolto il ricorso di Differenza Donna per una donna seguita dal centro antiviolenza Villa Pamphili di Roma

Pubblicato:10-11-2022 18:33
Ultimo aggiornamento:10-11-2022 18:33
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senza madre
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ROMA – “Oggi un altro grande successo per le Donne e per la Giustizia: la Corte Europea dei Diritti Umani ha accolto il ricorso della avvocata Rossella Benedetti dell’ufficio legale di Differenza Donna per una donna seguita dal centro antiviolenza Casa Rifugio Villa Pamphili di Roma Capitale. Con il caso I.M. e altri contro l’Italia (ricorso n. 25426/20), ha condannato l’Italia per aver violato l’articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e non protetto i figli minorenni di I.M. costringendoli per tre anni ad incontrare il padre accusato di maltrattamenti e nonostante lo stesso continuasse ad esercitare violenza e minacce durante gli incontri protetti disposti dal Tribunale”. Lo rende noto l’associazione Differenza Donna.
“La CEDU, che ricordiamo è la Convenzione europea dei diritti umani sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 dai paesi appartenenti al Consiglio d’Europa, con oggetto ‘la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali’ ha rilevato come i tribunali civili italiani con le loro sentenze abbiano turbato l’equilibrio psicologico ed emotivo dei bambini, costretti ad incontrare il padre in un ambiente in cui non è stata garantita loro protezione. In tal modo non hanno agito nell’ interesse superiore del minore. Un interesse disatteso, dice la Corte, in quanto non protetti dalla violenza che il padre continuava ad esercitare anche durante gli incontri. La Corte EDU ha condannato l’Italia per la prassi diffusa nei tribunali civili di considerare le donne vittime di violenza domestica come I.M. – che non adempiono all’obbligo di effettuare gli incontri dei figli con il padre e che si oppongono all’affidamento condiviso – come ‘genitori non collaborativi e quindi ‘madri inadatte meritevoli di punizione (così come segnalato anche dal Grevio). La Corte EDU- sottolinea l’associazione- ha così riconosciuto che il comportamento protettivo della madre sia stato l’unica modalità adeguata a tutelare l’interesse superiore dei bambini”.

Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna ha dichiarato: “Siamo felici, soddisfatte, orgogliose, di questa sentenza storica che ristabilisce cosa vuole dire giustizia e cosa vuol dire protezione. Un grande riconoscimento per uno strenuo lavoro politico che continuiamo a portare avanti perche nessuna donna soffra più violenza istituzionale, perché nessun bambino/a venga strappato dalle braccia della mamma, perché nessun tribunale sottovaluti la violenza maschile che è e rimane una grave violazione dei diritti umani e che richiede un enorme sforzo delle Istituzioni per uscire da un guado culturale che relega il nostro Paese in un ambito arretrato e compiacente. Oggi è una bella giornata: i diritti delle donne madri e delle bambine/i è pienamente affermato. Vigileremo perché non avvenga e perché ogni tribunale senta il peso di questa storica sentenza”, ha concluso.


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