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Bangladesh, 19enne bruciata viva per aver denunciato il preside. Dhaka si mobilita

La tragica morte di Nusrat Jahan Rafi sta scuotendo il Bangladesh: la giovane è stata bruciata viva sul tetto della scuola per ordine del preside che era stato da lei denunciato per abusi sessuali e arrestato

Pubblicato:31-05-2019 06:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:20

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ROMA – Istituire leader sociali all’interno delle scuole del Bangladesh, per sensibilizzare sui temi della violenza di genere e dei diritti delle donne. La proposta è arrivata da Saif Ullah, presidente del Consiglio per le scuole del Bangladesh, che coordina oltre 10mila istituti in tutto il Paese. L’iniziativa segue un efferato episodio di cronaca, che sta creando clamore nel Paese asiatico: Nusrat Jahan Rafi, una liceale di 19 anni, è stata bruciata viva da un gruppo di coetanei per ordine del preside della scuola, dopo che la giovane lo aveva denunciato alla polizia per abusi sessuali.

L’uomo, Siraj Ud Doula, era stato arrestato, ma dal carcere sarebbe riuscito a coordinare un attentato che la polizia ha definito “un piano militare”: il 6 aprile scorso Nusrat, che era scuola per gli esami di fine anno, è stata attirata con una scusa sul tetto dell’edificio, da un gruppo di uomini con indosso un burqa, il velo islamico, che li faceva sembrare delle donne. La giovane è stata prima cosparsa di benzina, poi le è stato dato fuoco. Il tentativo, hanno detto gli inquirenti, era quello di far sembrare la sua morte un suicidio. La ragazza, che ha riportato ustioni sull’80 per cento del corpo, è morta in ospedale quattro giorni dopo, il tempo necessario per rilasciare una testimonianza che ha messo gli inquirenti sulla pista giusta: 16 persone l’altro ieri sono state arrestate per il suo omicidio.

La proposta di Saif Ullah di istituire un mentore donna in ogni scuola punta a “creare consapevolezza tra studenti e insegnanti”, e questo attraverso seminari sulle questioni di genere e la salute riproduttiva, oltre a un meccanismo di monitoraggio degli abusi sessuali. Prima di lui, le autorità bengalesi la settimana scorsa hanno trasmesso una nota a tutti gli istituti scolastici del Paese – dalle elementari alle università – affinché formino commissioni per la prevenzione delle violenze sessuali. Come ha denunciato Maleka Banu, a capo del gruppo per i diritti delle donne ‘Mahila Parishad’, l’assassinio di Nusrat Jahan Rafi non è un fatto isolato: ha messo in luce il dramma delle violenze sulle donne e la piaga dell’impunità.


“Le violenze sessuali – ha denunciato Banu – stanno aumentando in modo allarmante in tutto il Paese, comprese le scuole”. La sua organizzazione ha registrato circa 950 denunce per stupro solo nello scorso anno. Grave, secondo Banu, il fatto che in Bangladesh “solo il tre per cento dei processi per stupro si concluda con una condanna. Nella maggior parte dei casi l’imputato viene scagionato”, ha aggiunto, motivando questa situazione con la mancanza di volontà da parte della polizia di indagare, oppure con pressioni sociali e politiche sui giudici tese a proteggere i colpevoli.

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