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Ucraina, Kashchey: “Non siamo la ‘piccola russia’, la Rai si scusi”

Così all'agenzia Dire Iryna Kashchey, giornalista di origine ucraina residente in Italia

Pubblicato:29-01-2020 18:54
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:55

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ROMA – “Come si sentono gli italiani quando l’Italia viene chiamata ‘Il Paese della mafia’? Ecco, ora potete capire cosa abbiamo provato noi ucraini quando abbiamo sentito Flavio Insinna dichiarare senza esitazione che ‘Piccola Russia’ è il secondo nome dell’Ucraina’”. Così all’agenzia Dire Iryna Kashchey, giornalista di origine ucraina residente in Italia.

Kashchey si fa portavoce dello sdegno di quegli ucraini in Italia che domenica scorsa, durante il quiz a premi di Rai 1 ‘L’Eredità’, hanno sentito il conduttore Flavio Insinna spiegare che la parola “Russia” – tra i suggerimenti per scoprire la parola misteriosa durante il gioco finale della “ghigliottina” – avrebbe dovuto ricordare al concorrente ‘Piccola Russia’, “altro nome dell’Ucraina”.

Secondo la reporter, “è evidente che né Insinna né i redattori che hanno preparato le domande sanno alcunché della storia ucraina, ignorando anche il fatto che tale denominazione è diventata offensiva più di un secolo fa“.


Kashchey ricorda che questo soprannome nacque per indicare una piccola parte dell’Ucraina odierna, compresa tra le regioni di Galizia e Volinia, ed è stato largamente usato in un periodo in cui “il popolo ucraino non aveva uno Stato proprio”. Un periodo in cui, avverte la giornalista, “i russofoni volevano affermare l’appartenenza di queste terre all’Impero russo”.

Verso la seconda metà dell’Ottocento, ricorda Kashchey, “l’Impero zarista decretò che la lingua ucraina sarebbe dovuta morire“. Vari documenti testimoniano questa politica: “I decreti di Valuev (1863) con cui fu vietata la pubblicazione di libri religiosi e per l’istruzione in lingua ‘malorussa’ (cioè appartenente alla ‘piccola Russia’) e il successivo Editto di Bad Ems (1876), che estendeva il divieto a tutti i testi in generale. Furono inoltre banditi gli spettacoli teatrali in lingua ucraina e il suo insegnamento nelle scuole. Se la nostra lingua è sopravvissuta di certo non è per merito della Russia”.

Kashchey sul punto cita Simone Bellezza, docente di storia contemporanea all’Università degli studi di Napoli ‘Federico II’, secondo cui “dalla fine dell’Ottocento l’espressione ‘piccola Russia’ fu utilizzata da tutti coloro che volevano negare, persino con il linguaggio, l’esistenza di una nazione separata da quella russa, di una cultura diversa”.

Per il docente, “fu insomma un atto di imperialismo” e infatti “durante l’Unione Sovietica il termine ‘Piccola Russia’ fu accantonato perché veniva considerato come segno della politica sciovinista nei confronti dell’Ucraina da parte dello zarismo, fermamente biasimato dai bolscevichi”.

Termini come ‘piccola Russia’ o ‘nuova Russia’ (‘Novorossija’), conclude Bellezza, “sono stati invece rispolverati dalla propaganda del presidente Vladimir Putin nell’attuale conflitto per la conquista dell’Ucraina”.

La giornalista contesta che in una trasmissione di prima serata si impieghi un etnonimo “dimenticando che dal 2014 in Ucraina è in atto l’aggressione della Russia, che ha sottratto la Crimea a Kiev (o meglio Kyiv)”. Un atto per il quale l’Unione Europea ha adottato nei confronti di Mosca sanzioni “che anche l’Italia ha appoggiato”.

Oggi in Crimea, avverte Kashchey, “come prima l’Impero zarista, il governo russo ha chiuso tutte le scuole ucraine e imprigionato chi si è opposto all’occupazione. Nella regione del Donbass i militari russi continuano ogni giorno a uccidere: il bilancio dei morti ha oltrepassato le 13mila vittime”. Conclude la giornalista: “Molti potrebbero dire che ‘L’eredità’ è solo uno show di intrattenimento e che non importa cosa si dice. E invece no, importa. Uno show guardato quotidianamente da milioni di persone influenza le menti in modo forse anche più decisivo dei telegiornali. Per questo credo che la direzione Rai e i responsabili de ‘L’eredità’ debbano correggere questo errore nei confronti di un Paese che oggi combatte per la propria indipendenza”.

Attenzione per la vicenda è stata espressa anche dall’ambasciata dell’Ucraina in Italia, che in una nota indirizzata alla redazione del programma Rai ha dichiarato: “Il popolo ucraino non ha mai usato questo termine per indicare la propria patria”.

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