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Occhetto: “Io e Ingrao alla Bolognina sbagliammo entrambi…”

25 anni dopo, Achille Occhetto riflette sulla fine del Partito comunista italiano e sulla svolta che divise la sua strada da quella di Pietro Ingrao

Pubblicato:28-09-2015 17:12
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:34

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ROMA  – Alla Bolognina “abbiamo sbagliato tutti e due”. Venticinque anni dopo, Achille Occhetto riflette su quella che fu la fine del Partito comunista italiano e sulla svolta che divise la sua strada da quella di Pietro Ingrao: “Insieme avremmo potuto portare il partito più a sinistra ed evitare la degenerazione della politica italiana degli ultimi due decenni”. L’ex segretario dei Ds ha appena lasciato Montecitorio, dove ha visitato la camera ardente dello storico leader comunista. “Il nostro- dice in un’intervista all’agenzia Dire– è stato un rapporto molto intenso: noi della Federazione giovanile comunista ci dichiaravamo ingraiani, eravamo appassionati dal suo eloquio e dal carattare magnetico delle sue parole dietro cui si nascondevano contenuti importanti. La democrazia diretta, la partecipazione, l’idea sulla quale fu sconfitto all’XI congresso del Partito comunista: un nuovo modello di sviluppo in cui bisogna produrre e consumare in modo totalmente diverso, un concetto poi ripreso da Berlinguer; l’idea dell’alienazione dell’isolamento dell’individiuo nelle società capitalistiche svilppuate”.

Al XIX congresso, però, Occhetto smise di essere ingraiano: “Naturalmente mi è molto dispiaciuto che non ha appoggiato la svolta, perché se lo avesse fatto ci avrebbe probabilmente aiutato a farla meglio e più a sinistra, come io preferivo che fosse, e non avremmo corso il rischio dell’attuale deriva della politica italiana”. Chi sbagliò? Chi avrebbe potuto fare un passo in più per avvicinare la propria tesi? “Forse abbiamo sbagliato tutti e due. Lui ha sbagliato a non capire le ragioni interne della sinistra: oggi- spiega Occhetto- il fatto che esistano dei partiti di sinistra in tutta Europa e tutto il mondo che non si chiamano comunisti e sono persino più a sinistra di quello che erano i partiti comunisti, dimostra che si poteva fare una svolta democratica, di sinistra, che andava in quella direzione. Io- aggiunge- ho sbagliato a non aver capito in tempo i rischi degenerativi che ci potevano essere nella svolta ed è per questo che dico che se ci mettevamo insieme quei rischi probabilmente potevamo evitarli”. Oggi esistono ancora i comunisti? “Ci sono i comunisti nella testa di Berlusconi che sono dei fantocci irriconoscibili, il comunismo come era organizzato internazionalmente intorno all’Unione sovietica è ovvio che non esiste più. Rimangono vive alcune fondamentali idealità del pensiero comunista e socialista originario“, concede. Quei voti, però, non sono andati in eredità al Pd: “La sinistra oggi in Italia è molto imbarazzata, non è seriamente rappresentata”. E Renzi? “Lui fa di tutto per dire che non c’entra” con la tradizione comunista, “non è un’accusa, lo sostiene lui, non faccio nesssuna scoperta”.


di Antonio Bravetti

Giornalista professionista

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