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A proposito di Nanni Moretti, conservatore che sogna la rivoluzione

Nelle sale 'Il Sol dell’avvenire', ultimo film di Nanni Moretti in gara per la Palma d'oro al festival di Cannes

Pubblicato:28-04-2023 15:29
Ultimo aggiornamento:28-04-2023 15:29

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ROMA – È un addio o non è un addio? E la domanda che nasce dopo aver visto ‘Il Sol dell’avvenire‘, il film appena uscito di Nanni Moretti. Ben 500 copie distribuite in altrettanti cinema, ma nella sala romana con me c’erano solo altre sei persone: un papà 60enne col figlio adolescente, due anzianotti sessantottini, io e due colleghi giovani, una ragazza e un ragazzo trentenni, che ho convinto ad accompagnarmi per avere un parere da chi è lontano anni luce dal ’morettismo’. Mi ricordo, ai tempi del suo primo lungometraggio i ‘Io sono un autarchico’ e subito dopo ‘Ecce bombo‘, primo film di massa, che ci ritrovavamo in tantissimi, noi giovani di quel tempo, a scimmiottare gli atteggiamenti ed anche il modo di parlare dell’universo ‘morettiano’.

Nanni Moretti, in ogni suo film, parla di sé stesso. Ed anche i personaggi che ruotano attorno sempre di lui parlano, e quando cercano in qualche modo di ritagliarsi un ‘loro’ spazietto vengono subito interrotti e richiamati all’ordine. Ecco, appunto, l’ordine, il richiamo ripetuto al rispetto delle regole fanno di Nanni Moretti, alla fine, un conservatore. Anche se parla sempre di rivoluzioni e cambiamenti, in fondo, rispetto alla confusione che regna in ogni momento, e che magari potrebbe anche trasformarsi in qualcosa di creativo, lui preferisce affidarsi alle vecchie e care certezze, di tutti i tipi. A livello di vocabolario, ’perché le parole sono importanti’ come diceva in Palombella rossa dopo aver mollato un paio di schiaffoni alla povera giornalista che usava luoghi comuni (qui la scena magnifica https://youtu.be/qtP3FWRo6Owndr ), o la sua ossessione per le scarpe, nell’ultimo film odia le sabot portate dall’attrice, in ‘Sogni d’oro’ c’è il casting (https://youtu.be/jDdu4prlo80 ) o in Bianca al commissario che lo interroga mostra tutto un repertorio di calzature dove ogni ‘scarpa ha la sua camminata’ (qui la scena memorabile: https://youtu.be/Ah_7wXqjq6w ) con le sue tutte uguali. Ancora adesso Nanni Moretti è il Nanni di ieri che non si arrende al mondo che è cambiato, secondo lui sicuramente in peggio.

Ed ecco allora la voglia di riscoprire il vecchio Partito comunista italiano, col segretario della sezione del Quarticciolo a Roma che invita gli abitanti a festeggiare l’arrivo della corrente elettrica in strada e nelle case, che si interessa dei problemi che vivono i militanti, chiedendo il motivo che li spinge a chiedere l’iscrizione al partito. Ma lui, Nanni Moretti, da giovane politicamente era schierato con Lev Trotsky, il leader comunista capo del governo di Lenin che poi aveva denunciato la deriva dittatoriale che stava prendendo l’Unione sovietica con Stalin. Costretto a fuggire e qualche tempo dopo ucciso a Città del Messico a colpi di piccone da un killer mandato dal dittatore sovietico. Passano gli anni, fare paragoni è sempre un azzardo, ma anche oggi gli sgherri del dittatore russo, Vladimir Putin, certo non usano il piccone ma pistole, veleno e decenni di galera per far fuori gli oppositori. Oggi Nanni Moretti ripensa al Pci di ieri, con un pizzico di nostalgia ma non fa sconti, perché il filo che gira nel film, è incentrato sul 1956 con la rivolta del popolo ungherese, che reclamava libertà, e i carri armati con i soldati mandati da Mosca a rimetterli in riga sparando e uccidendo. Il Pci allora scelse la parte sbagliata, si schierò con la dittatura sovietica, solo il leader della Cgil, Giuseppe Di Vittorio, con grande scandalo, scelse il popolo ungherese contro la linea del partito. E pagò per questo.


Ripensando ad un avvenimento personale del 1977, capitato quando ero un ‘figiciotto’ (i giovani del Pci, ndr) di 18 anni, fu quello il momento in cui capii che in Unione Sovietica regnava la menzogna. Il segretario della sezione Pci una domenica ci ordinò di essere presenti in sede perché sarebbe venuta una delegazione di giovani comunisti dell’Unione sovietica per conoscerci. Tra noi giovani la cosa ci incuriosiva e spaventava allo stesso modo: eravamo curiosi di vedere come erano fatti i ragazzi e (almeno io) le ragazze di lì; avevamo paura perché le immagini che arrivavano dal blocco sovietico mostravano sempre i baci in bocca che si scambiavano i vecchi dirigenti tra di loro. E se qualcuno della delegazione ci provava? Arrivò la delegazione e, grandissima delusione, il più giovane aveva 50 anni, tutti belli pasciuti, donne e uomini. Niente giovani, dopo ci fu spiegato che da quelle parti i giovani comunisti erano ‘giovani di iscrizione al partito’ non d’età. Al loro seguito c’era anche una tv che voleva intervistarci sulla nuova riforma, non ricordo il numero, della Costituzione sovietica. Panico, nessuno sapeva nulla. Tranquillo il giornalista: “Voi dovete soltanto muovere le labbra, sotto mettiamo noi le parole…”. Ripensandoci oggi, chissà in qualche archivio sovietico ci sarò pure io che magnifico le sorti di quella Costituzione. Dopo la partenza della delegazione tra noi giovani ‘figiciotti’ si aprì il dibattito, allora si usava così, e alla fine tutti eravamo d’accordo: in Unione Sovietica tutti i dirigenti comunisti mentivano, che noi mai avremmo seguito le loro indicazioni e mai realizzato in Italia qualcosa di simile. Senza entrare troppo nel dettaglio del Sol dell’avvenire di Nanni Moretti, si ricorda e c’è forse nostalgia di quei tempi ma come sempre, quasi sempre, ci si ricorda delle cose più belle accadute e poi eravamo tutti giovani e belli.

Tornando ad oggi, il povero Nanni da ‘magnifico settantenne’ si deve misurare con la moglie che dopo 40 anni lo vuole mollare, lui che era sempre abituato a mollare per primo accampando mille scuse. Stavolta non ce la fa, ha paura di rimanere solo. Anzi, confessa alla giovane figlia che affronta la quotidianità, la vita di oggi, solo grazie a sonniferi e antidepressivi: sono ‘dipendente’ dice. Ecco, quindi, che ci si rifugia nel film, perché i film oltre ad essere pezzi di vita senza le parti noiose, possono essere anche indirizzati controcorrente: chi l’ha detto ‘che la storia non si fa con i se?’. Ecco la svolta: il Pci del 1956 che sceglie la libertà e di stare dalla parte del popolo ungherese, che sfila con le bandiere rosse e il ritratto di Trotsky, il comunista che lottava per la ‘rivoluzione permanente’ perché già sapeva che qualsiasi rivoluzione quando si ferma si trasforma in dittatura. E nella sfilata ci sono anche tutti gli uomini e le donne che in più di 40 anni hanno preso parte alle storie e film di Moretti. E un film dove aleggia la fine, la morte, perché dice Nanni ‘non posso continuare a fare film ogni 5 anni…’ bisogna accelerare perché resta poco tempo davanti. Ma non è un film sulla politica, per me ‘Il Sol dell’avvenire’ è un film sulle delusioni e sulle consolazioni, sul tradimento e sulla necessità di ritualizzare alcuni momenti per resistere all’angoscia. Ed ecco che lui cerca di costringere la giovane figlia a vedere sempre il solito vecchio film in bianco e nero, armato di gelato… un rito da conservare insomma. Ma la figlia e la moglie rispondono al cellulare e se ne vanno… e a lui che aveva preparato tutto, non resta che andarsene a letto… da solo. Un film non tenero con i giovani sempre più ignoranti e incapaci di slanci, addirittura ci sono scene dove è lui, Nanni, a suggerire cosa fare ‘ora devi baciarla…’ o cosa dire e con quali parole. Per arrivare alla vendetta finale quando sua figlia, nemmeno 30 anni, li invita a cena per presentare il suo fidanzato che, ormai ha deciso, presto sposerà: un ‘magnifico’ sessantenne. Solo i vecchi, forse, per lui sanno ancora conservare qualcosa, anche a livello sentimentale, rispetto alla fretta in cui tutto, anche l’amore, si consuma oggi.

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