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Senegal, Dembelé: “Fallito il golpe del presidente Sall”

In primo piano nell'intervista dell'esponente della società civile con l'agenzia Dire c'è uno scontro politico che va avanti ormai da settimane

Pubblicato:28-02-2024 13:46
Ultimo aggiornamento:28-02-2024 13:47

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ROMA – Il rinvio delle elezioni come “un tentativo di golpe fallimentare”, sia per il Senegal che per il suo presidente, “aspirante dittatore”: è la prospettiva di Demba Moussa Dembelé, già organizzatore del Forum sociale mondiale a Dakar, ora a capo dell’associazione Africaine de recherche et de cooperation pour l’appui au developpement endogene (Arcade). In primo piano nell’intervista con l’agenzia Dire c’è uno scontro politico che va avanti ormai da settimane. La decisione del presidente uscente Macky Sall di rinviare le elezioni previste il 25 febbraio ha suscitato contestazioni e proteste di piazza, con disordini e almeno tre vittime. La sua scelta è stata bocciata non solo dai partiti di opposizione ma anche dal Consiglio costituzionale: ora si attende l’annuncio di una nuova data per il voto. Sall ha intanto promesso di rispettare i vincoli costituzionali e di lasciare la guida del Paese il 2 aprile, alla scadenza del suo secondo e ultimo mandato. Secondo Dembelé, la scelta del rinvio è stata “un grande shock nel Paese e anche per la diaspora all’estero”. A confermarlo il corteo del 9 febbraio: “Nonostante non avessero l’autorizzazione del governo, migliaia di persone si sono riversate nelle strade nella capitale e in altre città“. Dembelé ricorda le vittime e le decine di arresti. “Nel Paese molte attività economiche sono state penalizzate”, continua l’attivista, “e ciò ha spinto diverse organizzazioni del settore privato a condannare la decisione del presidente e a chiedere di tenere le elezioni come programmato in origine”.

Secondo Dembelé, “il fallimento del golpe è stato certificato dal verdetto del Consiglio costituzionale”. L’esito dello scontro non è però scritto. Si aspetta ancora una data per le elezioni. Ma nel frattempo, secondo Dembelé, “l’immagine del Paese è stata rovinata”. Il riferimento è al Senegal visto e pensato come modello di liberal-democrazia a sud del Sahara. “Sall è l’unico responsabile di tutto questo” accusa l’attivista. “Il golpe ha rovinato la sua reputazione con gli alleati occidentali e africani; in Senegal invece sarà ricordato da tanti come un dittatore”. Non ha mutato i termini dell’equazione il “Dialogo nazionale” convocato da Sall ma boicottato da più partiti. I suoi lavori si sono conclusi ieri sera nel Centro conferenze internazionali di Diamniadio, la nuova città alle porte di Dakar. Secondo l’Agence de presse senegalaise (Aps), i delegati hanno proposto a Sall di organizzare le presidenziali il 2 giugno. Una data, questa, contestata da più esponenti dell’opposizione: confermerebbe il rischio di una prolungamento del mandato del capo dello Stato. Dembelè non entra nel merito del dibattito e delle proposte emerse in occasione del Dialogo nazionale. Sottolinea però come ancora domenica, il giorno nel quale in origine dovevano tenersi le elezioni, partiti di opposizione e organizzazioni della società civile abbiano tenuto “un voto simbolico” in più città. “Ancora ieri è stato convocato uno sciopero generale, a conferma del fatto che il presidente è completamente isolato e sulla difensiva” aggiunge Dembelé. “Sall non vuole tenere le elezioni perchè sa che il suo candidato sarebbe sconfitto sonoramente”. (DIRE) Roma, 28 feb. – Il riferimento è anche all’esclusione di due candidati di punta dell’opposizione: Karim Wade, figlio dell’ex capo di Stato Abdoulaye Wade, e Ousmane Sonko, dirigente del partito Pastef. In entrambi i casi la scelta era stata del Consiglio costituzionale. Lo stop a Wade era stato legato al fatto che al momento della consegna dei suoi documenti il figlio dell’ex presidente, nato a Parigi da padre senegalese e madre francese, aveva ancora la doppia nazionalità. Una circostanza, questa, incompatibile con i requisiti fissati nella Costituzione. Non era bastato che, dopo aver presentato la propria candidatura, Wade avesse confermato di aver rinunciato alla cittadinanza francese. Differenti le ragioni di esclusione per Sonko, a capo di Pastef, acronimo per Patriotes africains du Senegal pour le travail, l’ethique et la fraternité. La sua candidatura era stata ritenuta “irricevibile” in ragione di una condanna a sei mesi di carcere per “diffamazione e ingiurie pubbliche”. Le decisioni del Consiglio costituzionale erano sembrate dover favorire Amadou Ba, primo ministro designato da Sall come candidato della sua coalizione Benno Bokk Yakaar (Bby). Nuovi orrizonti potrebbero aprirsi ora con un’ultima proposta di Sall: l’adozione, da parte del Consiglio dei ministri, di un disegno di legge di amnistia che cancellerebbe i reati connessi alle manifestazioni politiche in Senegal tenute tra il 2021 e il 2024.


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