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Juan Jesus: “Non mi spiego l’assoluzione di Acerbi. Sono avvilito, non mi sento tutelato dal giudice sportivo”

La sentenza non è appellabile, ma il Presidente della Figc potrebbe ancora impugnarla. Il precedente Lukaku

Pubblicato:27-03-2024 10:00
Ultimo aggiornamento:28-03-2024 09:22

Juan jesus acerbi
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ROMA – In attesa che lo faccia Acerbi, parla Juan Jesus. L’assoluzione per insufficienza di prove non è andata giù alla “vittima” degli insulti (“presunti”) razzisti. E così il difensore del Napoli ha pubblicato una nota sul sito del Napoli. Si dice “avvilito” e “non tutelato”.

“Ho letto più volte, con grande rammarico, la decisione con cui il Giudice Sportivo ha ritenuto che non ci sia la prova che io sia stato vittima di insulti razzisti durante la partita Inter-Napoli dello scorso 17 marzo: è una valutazione che, pur rispettandola, faccio fatica a capire e mi lascia una grande amarezza. Sono sinceramente avvilito dall’esito di una vicenda grave che ho avuto l’unico torto di aver gestito “da signore”, evitando di interrompere un’importante partita con tutti i disagi che avrebbe comportato agli spettatori che stavano assistendo al match, e confidando che il mio atteggiamento sarebbe stato rispettato e preso, forse, ad esempio”.

“Probabilmente, dopo questa decisione, chi si troverà nella mia situazione agirà in modo ben diverso per tutelarsi e cercare di porre un freno alla vergogna del razzismo che, purtroppo, fatica a scomparire. Non mi sento in alcun modo tutelato da questa decisione che si affanna tra il dover ammettere che “è stata raggiunta sicuramente la prova dell’offesa” ed il sostenere che non vi sarebbe la certezza del suo carattere discriminatorio che, sempre secondo la decisione, solo io e “in buona fede” avrei percepito. Non capisco, davvero, in che modo la frase “’vai via nero, sei solo un negro …” possa essere certamente offensiva, ma non discriminatoria”.

“Non comprendo, infatti, perché mai agitarsi tanto quella sera se davvero fosse stata una “semplice offesa” rispetto alla quale lo stesso Acerbi si è sentito in dovere di scusarsi, l’arbitro ha ritenuto di dover informare la Var, la partita è stata interrotta per oltre 1 minuto ed i suoi compagni di squadra si sono affannati nel volermi parlare. Non riesco a spiegarmi perché mai, solo il giorno dopo e in ritiro con la Nazionale, Acerbi abbia iniziato una inversione di rotta sulla versione dei fatti e non abbia, invece, subito negato, appena finita la partita, quanto era in realtà avvenuto. Non mi aspettavo un finale di questo genere che temo – ma spero di sbagliarmi – potrebbe costituire un grave precedente per giustificare a posteriori certi comportamenti. Spero sinceramente che questa, per me, triste vicenda possa aiutare tutto il mondo del calcio a riflettere su un tema così grave ed urgente”.

IL CASO NON E’ CHIUSO: CHE FA GRAVINA?

Il difensore del Napoli, la vittima, non può fare ricorso alla Corte sportiva d’Appello. Potrebbe appellarsi nuovamente alla Procura Figc, ma avrebbe poco senso considerando che è sulla base delle indagini della stessa procura che il Giudice ha poi emesso la sua sentenza di assoluzione. Volendo limitarsi ai confini della Giustizia Sportiva resta un ultimo possibile livello: Gravina. L’articolo 102 del Codice dice “il Presidente federale può impugnare le decisioni adottate dal Giudice sportivo nazionale quando ritenga che queste siano inadeguate o illegittime“. E’ già successo, più o meno per lo stesso tema: Gravina ha graziato “in via eccezionale e straordinaria” Romelu Lukaku (allora attaccante dell’Inter) che era stato espulso per seconda ammonizione per aver reagito ai cori razzisti della curva juventina alla fine della semifinale di andata di Coppa Italia contro la Juve, e poi squalificato per una giornata. “Il principio della lotta ad ogni forma di razzismo – fu la spiegazione – è elemento fondante dell’ordinamento sportivo”. 


C’è infine un ulteriore strascico possibile: che Juan Jesus, sconfortato per il provvedimento, scavalchi le sabbie mobili della Giustizia Sportiva e proceda con una denuncia penale. Anche in questo caso, però, servirebbe una prova, il labiale “fumante”, o dei testimoni. E nessuno, a quanto pare, tra 20 giocatori e un arbitro, quella sera ha sentito cosa Acerbi ha detto a Juan Jesus. Perché si sa: “le cose di campo restano in campo”. Lo disse lo stesso Juan Jesus, ad offesa ancora calda.

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