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Una volta il rimorso veniva dopo, adesso mi precede

L'editoriale del direttore Nico Perrone

Pubblicato:26-07-2023 17:32
Ultimo aggiornamento:26-07-2023 17:35

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ROMA – Il successo del film Barbie, l’atroce viaggio in treno di Alain Elkann, la foto drammatica di mamma e figlia morte di fame e sete nel deserto. Fatti diversi, certo, che mi hanno riportato alla mente la frase fulminante di Ennio Flaiano citata nel titolo di questo pezzo. Il nostro mondo, questa parte di mondo sazio e disperato, sembra ormai governato da adulti che agiscono come bambini, di quelli che anche se diventano pericolosi, possono far male, nemmeno riescono a capire il perché. Partiamo dal film sulla bambola più famosa al mondo, Barbie appunto. Hanno costruito attorno una storia dove ognuno ci legge tutto e il suo contrario. Barbie, che vive a Barbie Land, viene cacciata dal paese perché non è una bambola dall’aspetto perfetto. Senza un posto dove andare, parte per il mondo umano e cerca la vera felicità. Questa la sintesi del film, ben interpretato e che sta riscuotendo discreti incassi al botteghino. Stando alle cronache e paragonando, Barbie al suo esordio negli Stati Uniti ha battuto Super Mario Bros, il film tratto dal videogioco. Ora potrà pur far sorridere ma è chiaro che siamo ormai in piena ondata di produzione imbecille per un mondo sempre più pieno di imbecilli. Come ci si salva? Soprattutto, ci possiamo salvare dal rimbecillimento generale che non scandalizza ma appassiona? Più cultura, più letture urlano gli istruiti. Ma anche lì non tutto quadra. Prendiamo Alain Elkann, uno che di libri ne ha letti molti e scritti. Vero, appartiene e viene dal mondo dei pochi eletti, di quei super ricchi che hanno tutto a portata di mano, autisti e macchine di lusso, piloti di aerei e yacht, e che quando vogliono provare qualcosa di esotico, ad esempio prendere il treno per Foggia, per poco non muoiono di spavento nella carrozza di prima classe. Perché in treno, anche in prima classe, si affaccia un pezzo di popolo reale, nel caso dei vicini di Elkann, un gruppo chiassoso di giovinastri che non vede l’ora di rimorchiare ragazze al mare, che usa slang, che se ne impippa di Elkann che sfoglia il Times e prende in mano il libro di Proust e la stilografica per vergare pensieri immortali, infastidito dal rumore e dalla visione di quei corpi pieni di tatuaggi. Il racconto di Elkann va preso sul serio, perché per un attimo squarcia il velo e presenta la nuda e cruda verità: non è vero che siamo tutti liberi e belli, tutti pieni di possibilità “e tutti, se vogliono, ce la possono fare a sfondare” come ci spiega ogni volta che apre bocca Briatore. Il mondo, ce lo dicono i numeri non le chiacchiere, è in mano ad un 1% facoltoso che possiede quello che ha il restante 99%. Elkann i giovani incontrati nella sua carrozza li definisce lanzichenecchi ma non va inteso come soldato mercenario ma nel significato di ‘servo della terra’. Agli occhi dei super ricchi, in fondo, siamo tutti servi della terra, manodopera da pagare possibilmente sempre meno.

Un tempo ci sarebbe stata sicuramente una parte politica che si sarebbe interessata della questione, che avrebbe cercato di unire queste esistenze  alla deriva per indirizzarla almeno in un qualche posto dove vivere meglio. Oggi, invece, cerchiamo in tutti i modi di tener lontano da noi, dalle cose che noi abbiamo in gran quantità, quei tanti che invece nemmeno ce la fanno più ad arrivare a fine giornata senza cibo e acqua, che devono fuggire per salvarsi. Come la mamma con la sua bimba che una foto crudele ci ha mostrato morte in mezzo alla sabbia del deserto libico. Oggi hanno un nome e una storia, uguale a quella di mille e mille altre vicende simili, partite dalla Costa d’Avorio e arrivate in Tunisia, la Tunisia in mano a Sayed, oggi più dittatore che democratico, a cui anche l’Italia darà soldi per tener lontani da noi i lanzichenecchi. Soldi e aiuti a quel Sayed, ora nostro amico, che con la scusa della sostituzione etnica complotto mondiale – mi par di ricordare qualcosa di simile anche qui da noi-  quella madre con la figlia e tutti gli altri acchiappati dai suoi sbirri, ha messo sui  camion e mandati a morire nel deserto libico. E noi facciamo finta di niente, perché è meglio continuare a giocare e a comportarci da bambini inconsapevoli. Nel Settecento il filosofo Rousseau disse che ‘Quando il popolo non avrà più da mangiare, allora mangerà i ricchi’. Anche gli Aerosmith, famosa band musicale, sfornarono una canzone di successo (qui https://youtu.be/o-0lAhnoDlU ) intitolata appunto Mangia il ricco. Col ritornello che, tradotto, suona così: 
‘… perché sono stufo delle tue lamentele
Sulle molte bollette da pagare
E sono stufo di tutte le tue lagne
Dei tuoi barboncini e delle tue pillole
E non ci vedo niente da ridere
Sul tuo modo di vivere
E credo di poter fare di più per te
Con questa forchetta e questo coltello
Mangia i ricchi
c’è solo una cosa per la quale vanno bene
Mangia i ricchi
Prendine un morso adesso,
torna per averne ancora
Mangia i ricchi
Mi devo togliere questo peso dal cuore
Mangia i ricchi
Mordili adesso,
sputa il resto…’.

Invece oggi, a proposito dell’invidia e rabbia che comunque questi pochi super ricchi suscitano tra la popolazione, l’industria culturale dello spettacolo l’ha trasformata in film e serie tv dove questi ricchi soffrono, non se la passano bene e devono lottare con figli e amici ingrati. Hanno avuto e hanno un gran successo di pubblico. Meglio guardare e sorridere stando su comodi divani,  molto meglio sublimare…. hai visto mai che qualcuno pensi di passare all’azione?


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