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VIDEO | Morte per Tso di Franco Mastrogiovanni: in scena alla Galleria Toledo

Teatro civile per la storia dell'uomo sottoposto a Tso e lasciato legato per quattro giorni, al termine dei quali è stato trovato morto

Pubblicato:24-06-2019 17:16
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:27

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NAPOLI – “Il maestro più alto del mondo narra la storia di Franco Mastrogiovanni, un caso di trattamento sanitario obbligatorio del 4 agosto 2009”. Così alla Dire Orazio Cerino, protagonista dello spettacolo teatrale che debutta domani – alle 21 alla galleria Toledo – nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2019. Il nuovo lavoro di Mirko Di Martino, direttore artistico del Teatro Tram di via Port’Alba a Napoli, gode del patrocinio di Giffoni Experience e della presidenza del Consiglio della Regione Campania, di Amnesty International e del Forum dei Giovani della Regione Campania.

“I medici – racconta Cerino – lo hanno tenuto quattro giorni legato ad un letto” finché dopo 87 orel’hanno trovato morto. Una storia tragica che non riguarda solo Mastrogiovanni, ma riguarda un po’ tutti noi. Non è il caso della persona in sé, è il caso di come viene pensata la cura dei matti che vengono considerati sempre gli ultimi. Mastrogiovanni è stato trattato come una cosa, non come un paziente”.


La storia del 59enne serve a riflettere su come “il malato mentale venga visto in maniera diversa da un malato normale, è come – incalza – se avessimo paura di chi è diverso rispetto a quelli che sono, forse, gli standard che ci siamo imposti”. Nei casi di tso “lo Stato decide che sono malato anche se io non penso di esserlo e devo essere curato perché, come dice appunto Mirko nel testo, la salute è un dovere e non un diritto. Ci sta pure, magari, che qualcuno si accorga che io ho qualcosa che non funziona rispetto a dei canoni della società e ci sta che, magari, lo Stato si prenda cura di me”, ma quello che non è tollerabile “è che mi tratti come una cosa e mi leghi ad un letto”.

Il problema, secondo l’attore, “non è la cura in sé, ma la contenzione” la cui regolamentazione negli ospedali è regolata da una norma del 1909 “fatta quando c’erano ancora i manicomi e che dà degli spiragli per cui questa pratica possa essere usata. Purtroppo Franco Mastrogiovanni non è morto perché stava male per i suoi problemi fisici e psichici, è morto perché era legato ad un letto. Il discorso è come viene curato un malato all’interno di una struttura: noi società possiamo pensare che qualcuno sia ‘strano’ e quindi definirlo una persona con dei problemi? Va bene, forse perché quella persona ci può fare paura, va bene. In questo caso dovrebbe intervenire lo Stato per garantire la sicurezza delle cure alla persona, non sicurezza nel toglierla dalla strada per far stare più tranquilli gli altri. Purtroppo funziona così, ma non dovrebbe: questo è quello che noi cerchiamo di dire con questo spettacolo”.

Sul palco, Cerino ricostruisce le ultime ore di vita di Mastrogiovanni con i tempi scenici scanditi dalla cartella clinica e da un crocevia di voci e suoni della vita che intorno al maestro continua, mentre la sua sta finendo. La particolarità di questo monologo di teatro civile la spiega lo stesso attore quando sottolinea come, diversamente dal solito quando chi scrive il testo lo interpreta anche, in questo caso la collaborazione decennale tra lui e Di Martino ha dato vita ad uno “sdoppiamento con l’autore che sente un tema, lo mette su carta e lo fa diventare testo, e poi l’attore che, a seconda di quello che voleva dire l’autore, lo interpreta filtrandolo anche attraverso se stesso”. Dopo il debutto di domani sera, Il maestro più alto del mondo “riprenderà il suo cammino ad ottobre – conclude Cerino – come spettacolo di apertura della prossima stagione del Teatro Tram”.

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