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Orlando: “Liguria paralizzata dopo arresto Toti, la destra dica cosa vuole fare”

Andrea Orlando incalza la destra e stigmatizza lo stallo in cui è finita la Liguria: "Dica come vuole continuare e se può". E sottolinea: "I segnali c'erano tutti"

Pubblicato:24-05-2024 10:35
Ultimo aggiornamento:24-05-2024 14:07

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BOLOGNA – “A oltre due settimane dall’arresto di Toti, dica la destra come rendere compatibile l’amministrazione della Liguria, alle prese con una gigantesca mole di investimenti, con lo stallo che si è venuto a creare. Poiché Giorgia Meloni ha sempre sventolato la bandiera dello sviluppo e della crescita, dell’attenzione alle imprese, della velocità nell’attuazione del Pnrr, ora tocca a lei a spiegare come tutto questo si possa fare in una regione sostanzialmente paralizzata. E ciò al netto del giudizio politico sulla vicenda, ovvero che ci troviamo di fronte a un esproprio di democrazia“. Lo dice il deputato Pd ed ex Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, in una intervista al quotidiano La Repubblica.

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“In Liguria per anni una cupola imprenditoriale, politica e burocratica, nata dall’intreccio fra alcuni attori economici e pezzi della pubblica amministrazione – spiega l’ex ministro dem – ha bypassato ogni luogo e processo istituzionale, spogliando dalle loro funzioni tutti gli organi competenti – dal Consiglio regionale all’Autorità portuale – per sostituirli con riunioni sugli yacht o aperitivi in villa. A inizio legislatura avevo scritto a tutti i parlamentari liguri per segnalare il rischio infiltrazione mafiosa nella politica regionale, evidenziato dal rapporto della Dia. Da tempo denunciavo un’oligarchia predatoria in Regione. Pur senza avere gli elementi di oggi, i segnali già c’erano: i protagonisti dei raid economici e urbanistici erano sempre i soliti; i commissariamenti erano finalizzati a saltare i percorsi ordinari; pezzi di informazione erano condizionati da questo sistema”.


Alla domanda sulla destra che ritiene l’inchiesta genovese un castello di carte, Orlando osserva che “se fosse così non si capisce perché Salvini abbia mandato gli ispettori all’Autorità portuale di Genova. In ogni caso io non commento l’inchiesta, lo fa già il ministro Nordio secondo me impropriamente, ma mi pare che al momento non ci sia alcun tipo di intervento arbitrario”. Mentre alla domanda sulle elezioni anticipate in regione come unica opzione possibile, l’esponente dem risponde “qual è l’alternativa? Dica la destra come vuole continuare e se può.

Quanto all’ipotesi di una sua candidatura, Orlando sottolinea che “è l’ultima delle questioni, ho visto che stanno emergendo anche altri nomi, ma prima occorre costruire una coalizione che tenga conto della situazione e vada anche oltre gli schieramenti nazionali. Cè un lavoro di bonifica da fare insieme a tutti coloro i quali considerano prioritario ripristinare il funzionamento della democrazia locale. Le forze politiche, sociali ed economiche non compromesse devono incontrarsi. Poi, quale sia la figura migliore per interpretare la rottura con il sistema Toti è un tema che arriva un minuto dopo. Il Pd nei prossimi giorni avvierà un confronto con tutte le parti sociali e i cittadini per stimolare questo processo”.

“La Liguria di Toti anticipa il modello di premierato voluto da Meloni. Elezione diretta di un capo unita ad accentramento dei poteri – spiega poi l’esponente dem – svuotamento delle assemblee elettive, interlocuzione diretta e senza filtri con lobby e portatori di interessi. È questa la lezione che si deve trarre a livello nazionale. Quanto alla luna di miele, finirà con la manovra aggiuntiva che faranno all’indomani delle elezioni europee. Lo sapevano già dal Def che i soldi non sarebbero bastati, ma hanno rinviato per non perdere consenso”. Infine, sulla eventuale vittoria dei sovranisti e della destra in UE, Orlando ricorda che “sono state le destre a opporsi a un patto di stabilità più flessibile: l’ultima versione, peraltro accettata dall’Italia, per molti aspetti ci penalizza. Se dovessero vincere, l’atteggiamento nei nostri confronti sarebbe ancora più arcigno. Finora né Orbàn, né i Paesi frugali si sono mai mostrati solidali con Meloni”.

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