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Il magico mondo dei censurati Rai: da Saviano a Pericle, da Fo a Peppa Pig

Il caso Scurati ha riaperto il file infinito dei "no" del Servizio Pubblico, tra editti, telefonate roventi e programmi cancellati

Pubblicato:22-04-2024 12:03
Ultimo aggiornamento:23-04-2024 14:20

Peppa Pig censura Rai
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ROMA – Non c’è bisogno di sondare le profondità degli archivi Rai, con la scandalosa calzamaglia della ballerina Alba Arnova che fece chiudere il varietà “La Piazzetta”. Era il 1954, lo stesso del “caso” Vianello-Tognazzi, si sfotteva Charles de Gaulle caduto da una seggiola e no, era troppo. La casistica delle censure Rai è sconfinata, segue traiettorie imponderabili, a volte schizofreniche. Taglia e cuci, sospensioni, cartellini rossi, editti. La storia della tv pubblica italiana è fatta anche di telefonate roventi, dirigenti più realisti di un sacco di re, linee editoriali a geometria variabile. Un muro mai caduto di filtri e sovrastrutture non meglio identificabili. Scurati è l’ultimo “no” preventivo d’una serie che potremmo definire gli O-Scurati. Un posto magico nel quale ci puoi trovare un Nobel come Dario Fo e Peppa Pig, nel quale l’intellettuale (o il cartone animato) al mattino si sveglia e sa che dovrà correre più veloce del funzionario di turno.

Nel frattempo s’è iscritta al partito anche Nadia Terranova, anche lei scrittrice di fama, anche lei chiamata a comporre un monologo (questo sulle cariche violente della Polizia) per la medesima trasmissione, “Che sarà” condotta da Serena Bortone, su Rai tre. Quel testo non è mai andato in onda. Lei si dice ancora scossa. Altri ne verranno.

Ogni epoca ha i suoi “martiri”, e se Dario Fo e Franca Rame scontarono una squalifica decennale per i testi di “Canzonissima” sulla mafia e le fabbriche, oggi TeleMeloni sconta l’impossibilità di secretare alcunché. Se non è il conduttore stesso, come nel caso di Scurati, ci pensano i social a denunciare. La stessa Presidente del Consiglio è corsa a riparare pubblicando sulla rete il testo negato e poi deflagrato. Nella speranza di far capire agli italiani che quello è un meccanismo che non ha bisogno di ordini dall’alto, o quantomeno non da così in alto. Si autoalimenta, la censura Rai: vive di vita propria, a volte sfiorando il suicidio reputazionale.


A Viale Mazzini, dall’autunno 2022, hanno lavorato di cancelletto con Roberto Saviano ma anche con Dargen D’Amico. Non si fanno mancare niente. Lo scandalo delle due mamme di Peppa Pig è passato all’industria dei meme procurando danni d’immagine incalcolabili per il severo Servizio Pubblico. Il caso Scurati scoppia a rimorchio dell’addio di Amadeus, è a suo modo un’emorragia.

A Saviano, la scorsa estate cancellarono “Insider, faccia a faccia con il crimine”, e cestinarono quattro puntate già registrate, programmate per il novembre successivo. Lo scrittore di Gomorra chiamò in causa il “codice etico regalo a Salvini”, e disse: “Impossibile portare altrove il programma, appartiene alla Rai, dove non c’è più spazio per fare antimafia”.

La Rai nei secoli dei secoli ha espulso campioni dello spettacolo per inezie: a Leopoldo Mastelloni nel 1984 scappò una bestemmia. Per “turpiloquio” venne esautorato e mai più riesumato per il piccolo schermo. E così Grillo sui socialisti “ladri”. Berlusconi inaugurò il nuovo millennio con l’editto bulgaro contro Enzo Biagi Michele Santoro e Daniele Luttazzi autori, secondo lui, di “una televisione criminale”. Oggi ci tocca fare i conti Dargen D’Amico censurato da Mara Venier, in uno Speciale Domenica In da Sanremo. Una crepa spazio-temporale, un portale aperto nel 2024 su logiche da anni 60, quando in tv non si poteva dire “divorzio”. Il cantante voleva parlare dei migranti, ma quando mai. D’altra parte la Rai non era riuscita a frenare il collega Ghali sul genocidio a Gaza “condannato” dall’ambasciatore israeliano in Italia. I vertici Rai avevano dovuto chiedere venia con apposita nota di vicinanza al popolo israeliano.

Sono passati vent’anni dal più clamoroso autogol censorio della Rai. A Viale Mazzini nel 2003 lo zelo (e un pizzico d’ignoranza) dei filtri politici riuscì a silenziare un testo di Pericle di 2500 anni fa. Voleva portarlo in scena Paolo Rossi. Parlava della democrazia, e c’erano dentro concetti evidentemente pericolosissimi, tipo “un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private. Ma in nessun caso si occupa delle pubbliche faccende per risolvere le sue questioni private”. E’ stato Pericle il primo O-scurato della storia Rai, in un certo senso.

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