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Abrignani, crisi? La lotta alla pandemia non è di destra né di sinistra

L'immunologo dell'Università statale di Milano ed ex membro del Comitato Tecnico Scientifico alla Dire: " Facciamo i tamponi solo a chi è sintomatico ed evitiamo di mandarlo in giro". L'intervista

Pubblicato:21-07-2022 19:17
Ultimo aggiornamento:24-07-2022 14:02

abrignani
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ROMA – “Non penso proprio, il Covid non è né di destra né di sinistra. In tutti c’è un senso di responsabilità”. Ha risposto così Sergio Abrignani, immunologo dell’Università statale di Milano ed ex membro del Comitato Tecnico Scientifico, interpellato dalla Dire in merito all’eventualità che una diversa compagine politica possa influire nella battaglia contro il Covid. “La lotta alla pandemia non può dipendere dal partito a cui si appartiene, non ci credo- ha proseguito Abrignani- ci potranno essere forse delle sfumature, ma sono sicuro che la lotta alla pandemia sarà fatta da qualunque governo, anche perché ci sono delle linee guida internazionali e la pandemia riguarda tutto il mondo, non solo l’Italia. Non posso immaginare che Germania, Francia, Spagna o Stati Uniti facciano una politica di controllo della pandemia e noi un’altra, non avrebbe senso neppure dal punto di vista della salute pubblica mondiale”. Secondo Abrignani, in conclusione, potranno dunque esserci delle “sfumature, questo è normale- ha ribadito- ma nei fondamenti del controllo della pandemia non penso assolutamente ci possano essere delle differenze tra destra e sinistra”.

RICOSTITUIRE CTS? NUMERI OGGI NON FANNO PAURA

“Spero vivamente che il Cts non venga ricostituito, perché vorrebbe dire essere di nuovo in seria emergenza”. Ha risposto l’immunologo in merito alla possibilità, qualora i contagi dovessero risalire in autunno, di ricostituire il Cts. “Il Cts- ha proseguito- è stato un organo di consiglio emergenziale per aiutare il governo, il ministro della Salute, quello della Pubblica Istruzione e tutti i ministri coinvolti a fronteggiare questo ‘tsunami’ arrivato prima sull’Italia e poi su tutta Europa. Se il Cts dovesse essere ricostituito, vorrebbe dire essere di nuovo nei pasticci”. I dati di oggi, a cui dobbiamo comunque guardare con “estrema attenzione”, secondo Abrignani “non fanno paura”: “Quando avevamo le varianti alfa e delta- ha ricordato l’immunologo- siamo arrivati a 35mila/40mila infezioni al giorno e avevamo 800 morti al giorno; con omicron a gennaio siamo arrivati a 240mila infezioni al giorno ma al massimo a 300/350 morti; ora siamo arrivati invece a 100mila infezioni con 150 morti al giorno. Quindi se togliamo i non vaccinati o gli ipovaccinati, in cui è ancora elevatissima la letalità (hanno 6 o 7 volte più alto il rischio di morire rispetto a un vaccinato), nei vaccinati la letalità è 1 su mille o addirittura 1 su 1.200, mentre con alfa e delta era 1 su 50”. Non solo: “Con la variante Wuhan e Alfa- ha ricordato ancora Abrignani- l’occupazione delle terapie intensive era arrivata a 4mila letti, mentre ora siamo a 300/400 letti con il triplo delle infezioni che avevamo e una disponibilità che è 10 o 20 volte superiore”. Insomma, per l’immunologo i numeri di oggi “non devono allarmarci”.

CI ASPETTAVAMO MENO CASI IN ESTATE MA OMICRON 5 INFETTA 10 VOLTE DI PIÙ

“A marzo, quando circolavano ancora le varianti omicron 1 e 2 e tutti i dati ci indicavano che il virus era in discesa, dopo le ‘fiammate’ di gennaio e febbraio, ci aspettavamo un’estate con al massimo qualche migliaio di casi al giorno. Erano queste le previsioni dei nostri colleghi epidemiologi. Ma purtroppo il virus ha elaborato nuove varianti, omicron 4 e soprattutto omicron 5, che è estremamente infettiva, quindi ci ha fatto la ‘sorpresa’. Ma d’altronde i virus fanno così, noi dobbiamo inseguirli”. Ha proseguito Sergio Abrignani sull’impatto del caldo sull’aumento (forse inatteso) dei casi Covid.
“Non siamo noi a cambiare idea sul virus- ha proseguito- ma è il virus a cambiare e noi gli andiamo dietro. Purtroppo omicron 5 è estremamente diffusiva e sfugge ai vaccini, ma per fortuna è relativamente poco aggressiva, nel senso che a parità di numero di casi, rispetto ad alfa e delta, sappiamo che la malattia severa è molto più rara, nel 70-80% in meno dei casi in omicron, sia 1 che 4 e 5. Però poiché infetta almeno 10 volte di più, alla fine- ha concluso Abrignani- abbiamo ancora un numero non allarmante ma significativo di malattia severa e morti”.


ABRIGNANI: SE RESTA OMICRON 5 INVERNO NON SARÀ ‘TERRIBILE’

“Se dovesse rimanere come prevalente la variante omicron 5, con milioni di italiani che si sono già infettati in estate, probabilmente l’autunno non sarà così terribile dal punto di vista del numero dei casi. Questo perché chi si è infettato con omicron 5 in estate probabilmente non si reinfetterà con la stessa variante a ottobre o novembre”. Ha risposto così Sergio Abrignani, immunologo dell’Università statale di Milano ed ex membro del Comitato Tecnico Scientifico, interpellato dalla Dire in merito agli scenari epidemiologici che potrebbero presentarsi in inverno. “C’è quindi da augurarsi che resti questa variante– ha proseguito Abrignani- però siccome i virus ogni tanto ci sorprendono, il Covid potrebbe elaborare una nuova variante. Speriamo non avvenga, ma è una possibilità”. Tra settembre e ottobre, secondo Abrignani, ci saranno a disposizione i nuovi vaccini “a base di omicron 1 o 2 e 4 o 5, quindi se dovesse arrivare una nuova variante c’è da sperare che almeno sia una sottovariante di omicron”. Intanto l’attuale omicron 5 sta “già infettando un’ampia platea di infettabili- ha spiegato l’immunologo- basti pensare che quando stimiamo, come oggi, tra le 70/100mila infezioni al giorno, probabilmente ne abbiamo almeno il doppio o il triplo. Quindi realisticamente si sta infettando almeno 1 milione o 1 milione e mezzo di italiani a settimana”.

CON QUARTA DOSE PICCO ANTICORPI NEUTRALIZZANTI

La quarta dose ha senso nell’immediatezza e per due o tre mesi perché ci dà un picco di anticorpi neutralizzanti che si eleva ed elevandosi ‘tira su’ anche un po’ di quegli anticorpi contro omicron che abbiamo quando siamo vaccinati col ceppo Wuhan”. Ha spiegato l’immunologo in merito all’impatto che potrebbero avere le quarti dosi di vaccino fatte oggi nel prossimo autunno/inverno.
“Il punto- ha aggiunto Abrignani- è che la quarta dose ci serve per evitare, in un momento di picco di casi, un po’ di infezioni nei soggetti ultrasessantenni, che sono il 96% di quelli che muoiono”.

A FINE LUGLIO PROBABILMENTE AVREMO 2.500 MORTI

“Le mascherine aiutano a prevenire le infezioni, questo è univoco. Non ci proteggono in modo assoluto, ma alcuni studi dimostrano che, a secondo delle infettività delle diverse varianti, ci proteggono dal 60 al 90%”, ha detto Abrignani. “Le mascherine servono a prevenire le infezioni nei luoghi al chiuso e dove ci sono assembramenti- ha proseguito Abrignani- io consiglio di usarla”. Il mese di luglio, ha fatto sapere quindi l’immunologo, lo chiuderemo “probabilmente con 2.500 morti da Covid. Dal primo gennaio al 15 luglio abbiamo 32mila morti da Covid, la stragrande maggioranza sono ultraottantenni con comorbidità oppure 70enni non vaccinati. I non vaccinati e gli ipovaccinati sono un terzo di questi morti. Insomma, suggerirei fortissimamente la mascherina ai soggetti ultrasessantenni in locali al chiuso, per tutelare la propria vita”.

STOP A ‘CONTA’ CASI, TAMPONI SOLO A SINTOMATICI

In merito alla discussione sulle ‘quarantene light’, cioè di nuove regole per allentare l’isolamento delle persone risultate positive al virus, l’immunologo ha risposto: “L’unica cosa che dobbiamo fare oggi non è più pensare alle infezioni, i casi non andrebbero neanche più diagnosticati, facciamo i tamponi solo a chi è sintomatico ed evitiamo di mandarlo in giro. Pensiamo sempre che l’obiettivo deve essere di ridurre le infezioni nei soggetti più suscettibili, perché il 96% dei morti sono ultrasessantenni”.
Personalmente farei il tampone solo alle persone sintomatiche– ha proseguito Abrignani- perché con questi livelli di infezione, che coinvolgono milioni di persone a settimana, non ha senso andare a fare il tampone se si è stati in contatto con un positivo. Ormai tutti siamo a contatto con qualche positivo, perché il virus è molto diffuso. Ovviamente mandare in giro una persona sintomatica non è una grande idea, primo perché è sintomatica, secondo perché rappresenta una sorgente sicura di diffusione di infezione”. Ormai, secondo Abrignani, dobbiamo “convivere con questo virus e dobbiamo orientarci ad un pensiero pragmatico- ha aggiunto- sappiamo che è difficilissimo contenere le infezioni, abbiamo ‘accettato’ di avere 2-3mila morti al mese, ci comportiamo (speriamo) nel modo più responsabile usando le mascherine quando logica vuole, ma questo virus è certo che ce lo portiamo dietro”, ha concluso.

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