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Turchia, l’analisi di Caroli (Unicusano): “Erdogan si sta slegando da Usa e Ue”

ROMA - "Il fallito golpe avvenuto venerdi' scorso

Pubblicato:20-07-2016 11:16
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 08:55

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Giuliano CaroliROMA – “Il fallito golpe avvenuto venerdi’ scorso in Turchia e’ circondato da incognite, e apre prospettive per il Mediterraneo ‘allargato’- quello che comprende anche il Medio oriente- oscure. Al centro, vedo la ridefinizione dei rapporti tra Ankara e Washington”. Non e’ ottimista Giuliano Caroli, docente di Storia delle relazioni internazionali dell’Universita’ Niccolo’ Cusano, circa il futuro della Turchia e piu’ in generale degli equilibri regionali.

IL RUOLO MANCATO DELLA TURCHIA

Interpellato dall’agenzia DIRE, inizia la sua riflessione con un rammarico: la Turchia – contrariamente alla piega che stanno assumendo ora gli eventi – avrebbe dovuto svolgere un ruolo centrale nella strategia di stabilizzazione del Medio oriente, su invito ripetuto degli Stati Uniti: “tale ruolo gia’ a partire dall’immediato dopoguerra e’ stato fondamentale.

La Turchia e’ stato il primo Paese a entrare nella Nato, e nonostante i golpe militari e le dittature che si sono susseguite da allora non ha mai perso questo ruolo. Alla luce delle primavere arabe, Ankara avrebbe dovuto essere uno tra i piu’ importanti mediatori. Negli ultimi anni poi si e’ inserito un altro attore, l’Isis”. Ma l’irrigidimento di Erdogan e il rafforzamento tra i turchi dell’islamismo, secondo il docente “hanno sconvolto la politica estera americana. Tuttavia non credo che Washington abbia a che fare con questo golpe, perche’ si rende conto di quanto sia difficile sostituire Erdogan e riportare indietro le lancette dell’orologio, all’epoca della Turchia laica e democratica di Ataturk”.


IL DOPO-GOLPE

Secondo Caroli Erdogan e’ uscito rafforzato dai fatti di venerdi’ 15 luglio: “ora sta facendo piazza pulita degli oppositori e- cosa piu’ importante- non e’ piu’ disponibile a portare a termine la missione affidatagli dagli Stati Uniti nell’area”. Al contrario, “continuera’ a rafforzare una sua propria politica nella regione”. Un altro fattore non trascurabile e’ il ruolo della Russia. “Secondo me- prosegue il docente universitario- il riavvicinamento tra Ankara e Mosca e’ reale, anche se non generera’ una vera e propria alleanza. Svincolarsi dagli impegni con Washington rende Erdogan necessariamente piu’ libero nel dialogo con Putin. Dal canto suo- osserva Giuliano Caroli- la Russia ha tutto l’interesse a stringere i rapporti con il vicino anatolico, perche’ puo’ ampliare il proprio raggio di azione in Medio oriente, obiettivo che ha iniziato a perseguire dal momento in cui ha avviato i bombardamenti contro le postazioni dell’Isis in Siria alla fine del 2015. Irritando peraltro non poco- puntualizza- la Casa Bianca”.

LA TURCHIA E L’UNIONE EUROPEA

Ma gli interlocutori della Turchia non si esauriscono con Washington e Mosca: c’e’ anche l’Unione Europea, sebbene qualcuno si spinga ad affermare che il fallimento del processo di integrazione di Ankara nell’Unione, nel 2005, abbia dato il via all’ascesa di una politica intransigente, e di un’involuzione degli standard democratici nel Paese. Quanto Bruxelles si renda conto di questa responsabilita’, e’ la domanda successiva che la Dire pone al professor Caroli: “anche se i vari attori europei si rendono conto di questo, resta il fatto che non esiste ancora una politica estera e di sicurezza comune, malgrado gli sforzi dell’Alto rappresentante Federica Mogherini. Io lo considero un fattore che limita fortemente eventuali iniziative. Il problema- sottolinea ancora- e’ che un Erdogan forte, che imprime tale involuzione nei diritti umani, e che e’ sempre piu’ intransigente verso i curdi, contribuisce a rendere la Turchia sempre piu’ indifferente alla prospettiva del suo ingresso nell’Ue. Il Presidente Erdogan sta dimostrando di volersi slegare tanto da Washington quanto da Bruxelles, e lo dimostra anche il fatto di cercare nuovi partner economici in Asia”.

I MIGRANTI

Esiste pero’ una questione che, loro malgrado, unisce la Turchia all’Ue, e cioe’ la crisi dei migranti e il relativo Accordo che ne e’ seguito: “si’, c’e’ un accordo economico, che dimostra che a nessuna delle due parti conviene procedere alla totale rottura”.

L’IRAN

Infine uno sguardo all’Iran, rimasto quasi ‘silenzioso’ in questa crisi: “Teheran sta portando avanti la sua strategia, osserva cio’ che avviene senza intervenire, anche perche’ questo risveglio islamico – sebbene non sia paragonabile a quello che determino’ la Rivoluzione islamica negli anni Settanta, capace di rovesciare la monarchia dello Scia’ – potrebbe comunque creare dei problemi internamente. Tuttavia Teheran e’ a mio avviso ancora del tutto concentrato a convincere il resto dell’Occidente che e’ ormai un Paese ‘normalizzato’, per non incorrere in nuovi sanzioni economiche e nell’isolamento politico”.

Anche Erdogan, peraltro, esternamente proseguira’ con molto cautela, “evitando di affrontare questioni – come quella siriana – che evidenzierebbero punti di disaccordo con la Russia. e anche con Israele, entrambi Paesi con cui sta riallacciando i rapporti in queste settimane. Non aggiungera’ quindi fattori di di scontro. Pero’ a livello interno, il tentato golpe e’ un campanello d’allarme di cui Erdogan non potra’ non tenere conto. Staremo a vedere”.

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