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Lombardia, stop Regione a moschee ‘mascherate’ da centri culturali

Da agosto a oggi l'assessore Beccalossi ha ricevuto 706 segnalazioni su casi di questo tipo: 80 di questi sono da approfondire

Pubblicato:20-02-2017 14:51
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:56

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MILANO – Stop da parte della Regione Lombardia ai centri culturali islamici che svolgono a tutti gli effetti funzione di luogo di culto: “Da oggi i Comuni lombardi, hanno uno strumento in più per fronteggiare quest’attività illegale o regolamentare la presenza di queste realtà”. Lo ha detto l’assessore regionale al Territorio, Urbanistica, Difesa del suolo e Città metropolitana, Viviana Beccalossi, che ha presentato in Giunta una circolare che consente ai Comuni di chiarire i dubbi inerenti l’applicazione della legge sui nuovi luoghi di culto, “con l’obiettivo di rendere più sicuri i cittadini facendo ulteriore chiarezza sulle norme in vigore”. Con la nuova circolare, dunque, i Centri culturali nati dopo la legge se prevedono nel loro statuto finalità religiose o, di fatto, svolgono regolarmente funzioni di luogo di preghiera, sono da equipararsi a tutti gli effetti a luoghi di culto. Per quelli, invece, già esistenti prima dell’entrata in vigore della stessa norma regionale, la possibilità di svolgere attività legate al culto è vincolata “alla destinazione d’uso dell’edificio che ne ospita la sede”, che può essere concessa solo previa modifica del Pgt per inserire l’area nel piano delle attrezzature religiose: “In pratica- ha spiegato Beccalossi- i sindaci hanno il potere di intervenire su quei centri culturali islamici che, di fatto, usano capannoni, magazzini, negozi e anche appartamenti per svolgere funzione di luogo di preghiera”.

L’assessore spiega che da agosto ad oggi sono arrivate alla sua attenzione quasi un migliaio di segnalazioni: “Ad agosto avevo scritto a tutti i sindaci per mappare la presenza di centri culturali islamici, moschee o scuole coraniche- dice Beccalossi- e fra le 706 risposte ricevute, 80 situazioni devono essere approfondite perché abbiamo avuto la conferma della presenza di luoghi di aggregazione di comunità islamiche spesso in locali destinati ad altro scopo come magazzini, esercizi commerciali, e abitazioni private“. Questi dati a detta di Beccalossi sono stati ritenuti ‘molto interessanti’ da tutte le Forze dell’ordine e “ci sono stati chiesti anche dall’ex prefetto di Milano, Alessandro Marangoni- rende noto l’assessore- a testimonianza della bontà e dell’utilità del nostro provvedimento che andava a supportare l’attenta azione di controllo che Carabinieri e Polizia svolgono quotidianamente”. Fra le segnalazioni spicca, come caso emblematico, quello di Castano Primo, in provincia di Milano, dove un centro culturale nato come tale si è presto rivelato una moschea: “Il sindaco- ha concluso Beccalossi- ci ha segnalato questo caso, e noi gli abbiamo dato gli strumenti urbanistici per capire come regolamentarlo”. Altri episodi del genere si sono verificati, a quanto riferisce l’assessore, anche a Sesto San Giovanni, dove addirittura esiste, unica nel suo genere, una moschea ‘provvisoria‘. Altri esempi a San Donato Milanese o a Costa Masnaga, nel lecchese, sede di un centro islamico frequentato da un soggetto condannato settimana scorsa per la sua vicinanza all’Isis.

di Nicola Mente, giornalista


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