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Ecomafia, cassazione conferma 18 anni a Chianese per disastro Resit di Giugliano

Legambiente: "Era anello centrale dell'ecomafia dei rifiuti nel nostro Paese, che per decenni ha gestito per conto del clan dei Casalesi"

Pubblicato:20-01-2021 15:00
Ultimo aggiornamento:20-01-2021 15:00
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NAPOLI – “Con la conferma in Cassazione delle condanne nei confronti degli imputati Cipriano Chianese e Gaetano Cerci (18 e 15 anni, ndr), responsabili dell’ecocidio in Campania, le cui gesta erano già state raccontate da Legambiente nel primo rapporto “Rifiuti spa” del 1994, si chiude il cerchio aperto con l’inchiesta Adelphi, targata 1993 sul traffico illecito dei rifiuti. Sin dai nostri primi dossier avevamo denunciato il ruolo dell’avvocato Chianese, anello centrale dell’ecomafia dei rifiuti nel nostro Paese, una sorta di “ministro dell’ambiente” che per decenni ha gestito il settore dei rifiuti per conto del clan dei Casalesi”. Così Stefano Ciafani e Mariateresa Imparato, rispettivamente presidente nazionale e regionale di Legambiente, commentano la sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione sulle condanne dei responsabili del disastro ambientale della discarica Resit di Giugliano in Campania.

Chianese è stato riconosciuto responsabile del disastro ambientale della discarica con sede nel comune napoletano dove, nella totale assenza di misure di controllo, sono stati stoccati anche rifiuti di provenienza illecita e non tracciabili. Con la sentenza sono stati confermati anche i 15 anni in carcere per Cerci, imprenditore dei rifiuti attivo nel settore delle ecomafie per conto dei Casalesi, in particolare al clan del boss Francesco Bidognetti.
Pur con le conferme di condanne, per Ciafani ed Imparato rimangono ancora “le tante zone d’ombra, perché dietro al suo silenzio si celano i segreti e i rapporti tra criminalità organizzata e le lobby – politiche, affaristiche, massoniche – che hanno designato la Terra dei Fuochi come epicentro del business illegale dei rifiuti”.
“Come Legambiente – ancora i suoi rappresentanti – proseguiremo nel nostro lavoro quotidiano fatto di denuncia, impegno e responsabilità. Le infiltrazioni ecomafiose, che interessano questo territorio come altre zone del Paese, si contrastano con la repressione e gli strumenti giudiziari, grazie anche alla legge sugli ecoreati. Ma il primo e imprescindibile strumento rimane il risveglio delle coscienze, l’orgoglio di una comunità che – concludono Ciafani ed Imparato – antepone il bene comune alle speculazioni e ai privilegi, contrastando in tutte le sedi la criminalità ambientale e i suoi complici”.


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