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All’età di Re Carlo 7 uomini su 10 soffrono di ipertrofia prostatica benigna

Il sovrano d'Inghilterra, 75 anni, la prossima settimana si sottoporrà a un trattamento in ospedale

Pubblicato:18-01-2024 16:23
Ultimo aggiornamento:18-01-2024 16:35

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ROMA – “L’ipertrofia prostatica benigna è una patologia che riguarda moltissimi uomini e in Italia, all’età di re Carlo, sette su dieci soffrono di questo problema. In Italia ci sono circa sei milioni di uomini che hanno un’ipertrofia prostatica benigna”. Lo spiega all’agenzia Dire il presidente della Società italiana di urologia (Siu), Giuseppe Carrieri, intervenendo sulla patologia da cui è afflitto il sovrano d’Inghilterra, 75 anni, che la prossima settimana si sottoporrà a un trattamento in ospedale.

“È una patologia- prosegue l’esperto- che ha come conseguenze la difficoltà nell’urinare. I pazienti che ne sono affetti sono costretti a urinare molto frequentemente sia nel corso della giornata che durante la notte. Non avere un buon riposo notturno non è una buona cosa per chi, come re Carlo, deve incontrare decine di persone”.
“Durante la giornata- evidenzia Carrieri- c’è spesso la necessità di urinare molte volte, anche sette-otto volte, e chi ha tanti impegni ufficiali e formali come un re, che molte volte è costretto a presenziare a cerimonie che durano ore, non si può allontanare e andare in bagno come persone comuni. Si tratta, dunque, di patologie particolarmente fastidiose in persone che hanno ruoli pubblici importanti”.

Il presidente della Siu sottolinea inoltre che l’ipertrofia prostatica benigna è una patologia completamente differente dal tumore alla prostata in termini di prognosi. “Non è una malattia tumorale che dia metastasi- afferma- o che possa compromettere la sopravvivenza delle persone, ma sicuramente la qualità della vita viene molto deteriorata nei pazienti che hanno questa patologia. Inoltre, nelle situazioni più conclamate ci può anche essere la necessità di aver bisogno di un catetere per urinare, perchè nei casi più estremi e avanzati l’ipertrofia prostatica benigna può addirittura non consentire più una minzione spontanea e c’è quindi bisogno di inserire un catetere attraverso cui far urinare il paziente”.


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Ancora non si conoscono le tecniche che verranno utilizzate per eseguire l’intervento che subirà re Carlo. “Sicuramente- precisa Giuseppe Carrieri- è un intervento che mirerà a disostruire il re con l’asportazione della parte centrale della prostata e per fare questo le tecniche sono varie. Le più moderne prevedono l’utilizzo di laser in maniera endoscopica e che puliscono la prostata all’interno, allargando il canale attraverso il quale noi maschi uriniamo. Questo consente di riprendere una minzione praticamente normale. Oggi, tra l’altro, queste tecniche sono sempre più mini invasive rispetto al passato, quando si faceva ricorso a chirurgia a cielo aperto, facendo tagli e incisioni”.
“E’ un tipo di intervento- evidenzia poi- che consente un ritorno alla vita lavorativa e sociale molto più veloce e questo è molto importante per una persona come re Carlo, che avrà la possibilità di tornare ai suoi impegni ufficiali in una settimana”.

Il numero uno della Siu invita a non fare confusione tra ipertrofia prostatica benigna e tumore della prostata e fornisce utili informazioni sulla neoplasia. “Intorno ai 50 anni bisogna cominciare a controllarsi e tutti gli uomini dovrebbero fare l’esame del Psa e la visita urologica, che fa una valutazione della prostata mediante la flussimetria e l’ecografia e, soprattutto, mediante la famigerata e ingiustificatamente spesso temuta, esplorazione rettale che, lo voglio ribadire, non è dolorosa ma solo leggermente fastidiosa. Se invece si hanno disturbi urinari o una familiarità, ovvero un padre, un fratello, uno zio che hanno avuto un tumore della prostata, bisogna iniziare a controllarsi già dopo i 40 anni”.
Quando fare i successivi controlli? L’esperto risponde che “generalmente, dopo i 50 anni è buona regola controllarsi ogni due anni, se non subentrano sintomi e se il Psa è già a un valore molto basso. In caso contrario, se subentrano dei sintomi e se il Psa ha valori normali, dunque inferiore a 4, ma non è molto molto basso, conviene fare la visita urologica e l’esame del Psa ogni anno”.

Come si cura il tumore della prostata? “Bisogna vedere a quale età viene diagnosticato- precisa l’esperto- e in quale stadio. È molto importante intercettare il più precocemente possibile questa patologia, perchè se la intercettiamo in una fase in cui tutto il tumore è limitato alla prostata, la stessa può essere asportata con intervento chirurgico e il problema può essere risolto”.
Vi sono anche altre metodiche per il trattamento del cancro della prostata. “La radioterapia è una di queste, che può essere utilizzata per curare localmente la prostata. Se invece la prostata ha già dato metastasi, e questo avviene in caso di diagnosi tardive, non si fa ricorso a chirurgia o radioterapia ma si utilizzano farmaci di tipo ormonale e non solo che possono anche curare in maniera molto soddisfacente il cancro della prostata in una fase estremamente avanzata”.
Il presidente della Società italiana di urologia ricorda che “in Italia ogni anno si registrano 40mila nuovi casi diagnosticati di cancro della prostata, circa 8mila persone muoiono ogni anno per questa neoplasia e in questo momento nel nostro Paese abbiamo circa mezzo milione di persone ammalate di cancro della prostata”.
Poi un invito alla popolazione. “Come Società italiana di urologia- dice ancora- siamo molto attenti al tema della prevenzione, perchè sappiamo bene che intercettare la malattia in una fase precoce ci consente di partire con il piede giusto, quindi trattare la malattia prima che ci siano metastasi. È chiaramente molto più facile trattare un cancro localizzato in un solo organo, che può essere asportato o radiotrattato, che trattare la malattia quando è già diffusa”.
Le percentuali di sopravvivenza variano drammaticamente. “Se facciamo diagnosi in un paziente che ha la malattia solo nella prostata- conclude Carrieri- il problema si può risolvere anche con il solo intervento chirurgico. Se invece facciamo la diagnosi quando il paziente presenta già delle metastasi, lo stesso paziente ha una sopravvivenza di vita molto minore rispetto alla prima tipologia di paziente”.

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