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Pancalli: “Chiuso il Festival cultura paralimpica, il bilancio è positivo”

La manifestazione si è chiusa oggi presso l'Arsenale militare marittimo di Taranto

Pubblicato:17-11-2023 16:35
Ultimo aggiornamento:17-11-2023 16:35
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TARANTO – “Il bilancio non può che essere positivo. Sono davvero molto soddisfatto, perché l’obiettivo che ci eravamo posti è stato raggiunto: lasciare un segno del nostro passaggio e mi auguro, soprattutto con i ragazzi delle scuole, che questo sia avvenuto, ma anche con le istituzioni locali. Se è vero che Taranto fa della voglia di rilancio e di riscatto un suo obiettivo, tutte le storie che abbiamo provato a far narrare e a testimoniare dai nostri atleti, giornalisti, intellettuali e artisti che si sono succeduti vanno esattamente in quella direzione”. Lo ha spiegato all’agenzia Dire il presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli, in occasione dell’ultima giornata del Festival della cultura paralimpica, che si è chiuso oggi presso l’Arsenale militare marittimo di Taranto.

“Noi- ha proseguito- continueremo a organizzare il Festival della cultura paralimpica, perché credo sia il modo migliore per tentare di contaminare, contagiare, naturalmente dal punto di vista positivo, la società civile attraverso lo strumento dello sport. In questo Paese bisogna imparare che lo sport non è soltanto un contenitore di medaglie ma oltre a quello c’è molto di più e quelle storie umane che sono emerse durante questo Festival, a mio modo di vedere, devono rappresentare quella fonte ispirazione per tanti altri ragazzi, non solo disabili ma soprattutto coloro che, mi auguro, possano essere la classe dirigente del futuro. In questo modo si può costruire un Paese migliore”. 

Pancalli ha evidenziato che “è proprio dall’incontro e dalla contaminazione che si può crescere. Siamo esseri umani e l’uomo cresce soltanto in un sistema di relazione. Quella che esiste, e che è sempre esistita, fra il mondo olimpico e quello paralimpico, è una relazione positiva. Naturalmente i paralimpici hanno storie diverse- ha affermato- perché in qualche modo sono tutti collegati dal fil rouge di aver passato un momento di sofferenza, che possa essere legato a un incidente, un trauma o una patologia. Il mondo olimpico, ringraziando il cielo, non ha queste storie da poter raccontare”. Però, “nello stesso tempo, nel momento in cui li mettiamo uno accanto all’altro- ha concluso Pancalli- emerge una cosa: la normalità, rappresentata dal fatto che tutti sono atleti e vengono accomunati solo e unicamente dalla passione per lo sport”.


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