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Renzi non sta sereno, se ne va dal Pd e punta al PdR

L'editoriale di Nico Perrone, direttore dell'Agenzia di stampa Dire, per Direoggi | Edizione del 16 settembre

Pubblicato:16-09-2019 14:27
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:42

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ROMA – Matteo Renzi dal salotto di Bruno Vespa, domani sera, ufficializzerà il suo addio al Pd. Vabbè, userà parole ‘dolci’ per spiegare che la nascita dei suoi gruppi parlamentari non metterà a rischio la tenuta del neonato Governo Pd-M5S. Ma il dato politico è che d’ora in avanti si dedicherà anima e corpo per creare il suo nuovo partito politico. “Distinto ma non troppo distante” dai Dem in questa fase, ma pronto per il prossimo futuro. Quando la nuova maggioranza parlamentare darà vita alla nuova legge elettorale, quello sarà il momento per gettare nella mischia il nuovo PdR, il partito di Renzi appunto. Non sono serviti gli appelli dei dirigenti del Pd, da Zingaretti a Orlando e Franceschini, a frenarlo. La sua sarà un’operazione in due fasi: al momento, a quanto risulta alla Dire, dai gruppi parlamentari verranno ‘presi’ solo i fedelissimi o comunque chi appare nuovo.

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Per quanto riguarda i ‘renziani’ entrati in questi giorni nel nuovo Governo, questi resteranno come quelli che stanno nel Pd. Aspetteranno di vedere come evolve la situazione, per tenersi pronti quando il nuovo partito sarà in campo per le prossime elezioni. Da domani e fino al voto sarà campagna acquisti a tutto spiano. Dentro Forza Italia, spiega una fonte, «Renzi, o chi per lui, sta marcando stretto alcuni nostri parlamentari, qualcuno lo seguirà. Anche domani sera ci sarà una cena riservata organizzata da uno dei nostri per attirarne altri». Senza contare, questa la preoccupazione sotterranea, che alla fine non sia proprio Silvio Berlusconi ad appoggiare l’operazione Renzi, anche per scompaginare i piani del leader della Lega, Matteo Salvini, che piano piano sta svuotando Forza Italia.


È scattata l’ora X, insomma, il quadro politico si è messo in movimento e tutti sembrano convergere verso il “centro moderato”. Con il rischio di scontrarsi, visto l’affollamento. C’è il movimento di Carlo Calenda, anche lui uscito dal Pd perché troppo di sinistra; c’è l’Udc di Lorenzo Cesa, con voci che danno Pierferdinando Casini grande sponsor dell’operazione Renzi; poi i ‘totiani’, che dal centro vogliono spingere verso la Lega. Servirà un semaforo.

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