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‘La prostituzione nell’Italia contemporanea’, l’Italia vista dai margini

Il libro presentato oggi durante Feminism, la Fiera dell'Editoria delle Donne

Pubblicato:16-06-2021 20:16
Ultimo aggiornamento:16-06-2021 20:16

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ROMA – Lo studio del fenomeno della prostituzione come strumento analitico per comprendere il contesto storico, sociale e culturale di un Paese in un determinato periodo storico da una prospettiva ‘marginale’. Di questo tratta il volume ‘La prostituzione nell’Italia contemporanea’ presentato oggi durante Feminism, la Fiera dell’Editoria delle Donne, in una conferenza stampa online a cui hanno partecipato Annalisa Cegna, Natascia Mattucci, Luca De Benedictis, Liliosa Azara. “La prostituzione si dà per scontato che sia esclusivamente femminile quando in realtà non lo è – ha dichiarato Annalisa Cegna, una delle autrici del volume- Tra l’altro i numeri ci dicono che è un fenomeno che, con alti e bassi, nel corso del Novecento ha visto un calo della domanda e quindi anche dell’offerta”. Un libro curato da Annalisa Cegna direttrice dell’Istituto storico di Macerata, Natascia Mattucci docente all’Università degli Studi di Macerata e Alessio Ponzio, dottore di ricerca in Storia e Scienze Politiche, ma che ha visto numerosi contributi.

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Sette saggi, ognuno approfondisce un determinato periodo storico o di un particolare fenomeno socio culturale aggiungendo un frammento al mosaico che ci permette di comprendere come sia mutata la società italiana da fine Ottocento ai giorni nostri. Si va dal lavoro di Annalisa Cegna dal titolo ‘L’internamento delle prostitute nei campi di concentramento fascisti (1940-1943)’ a ‘Innocenza e pericoli: discorsi sulla prostituta della legge Merlin alle proposte di riforma’ a cura di Giorgia Serughetti passando per ‘Conformarsi deviando. Una riflessione storico sociale sul sex work maschile’ di Cirus Rinaldi. E proprio sul tema della prostituzione maschile omosessuale Liliosa Azara, ricercatrice presso l’Università Roma Tre ha voluto sottolineare come “nell’Italia post Merlin, negli anni Sessanta è sufficiente ricostruire la storia giudiziaria per rendersi conto come la magistratura italiana abbia avuto enormi difficoltà a definire la prostituzione maschile omosessuale in quanto prostituzione, come a dire che questo tipo di prostituzione non ha quegli elementi distintivi del fenomeno così come viene definito. Il fatto stesso che negli interrogatori degli omosessuali fermati o arrestati ricorresse il termine ‘amanti‘ faceva intendere una sorta di relazione affettiva fra i soggetti coinvolti”.


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