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Autismo, a Bologna una Academy per insegnare i mestieri

L'idea, maturata all'interno dell'associazione genitori dei soggetti autistici, è quella di un'Accademia dove i ragazzi autistici possano imparare alcuni tipi di lavoro ed essere inseriti un domani nella grande distribuzione

Pubblicato:16-03-2024 13:31
Ultimo aggiornamento:16-03-2024 13:31

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BOLOGNA – Un’accademia dove i giovani con autismo possono imparare diversi tipi di lavoro, per poi essere inseriti nella grande distribuzione. È il progetto a cui sta lavorando l’Angsa di Bologna, l’associazione dei genitori di soggetti autistici, come spiega la presidente Marialba Corona questa mattina in Cappella Farnese, al convegno col ministro per le Disabilità, Alessandra Locatelli. “Un giovane papà del nostro direttivo- spiega Corona- sta studiando una ‘Academy’ per insegnare, col metodo cognitivo-comportamentale, dei lavori ai nostri ragazzi, per poterli poi collocare nelle grandi distribuzioni“. L’Angsa, in occasione dell’incontro con la ministra, ha raccolto anche una serie di richieste dei genitori e “la rabbia delle famiglie che si sentono lasciate sole”, riporta la presidente, a partire dalla necessità di “centri diurni specializzati, insegnati formati e trattamenti forniti dal pubblico, non pagati dalle famiglie”. Nel complesso, al convegno di oggi, organizzato dalla Lega, hanno aderito una cinquantina di realtà locali che si occupano di disabilità.

Tante le richieste per avere più strutture dedicate alle persone con disabilità, come centri diurni, residenze e strutture di accoglienza, e perchè gli insegnanti di sostegno siano più e meglio formati. C’è poi chi testimonia il forte stato di stress dei caregiver e chi chiede di reintrodurre il servizio civile obbligatorio. Mauro Pepa, della Consulta comunale handicap, chiede invece al Comune di Bologna un maggior coinvolgimento delle realtà che si occupano di disabilità nella prima fase dei progetti. “Non va bene chiamarci solo per mettere il timbro alla fine”, striglia. “La politica non deve decidere le nostre priorità- avverte Maximiliano Ulivieri, diversity manager del Comune di Bologna- ma far sì che le persone disabili decidano per sè: liberi di scegliere come vivere, e anche come morire”. Poi aggiunge: “E’ fondamentale avere tante buone idee, ma senza fondi è tutta fuffa”. Ad esempio, cita Ulivieri, “la disability card è un’ottima idea, ma in tante città ancora non la accettano. Anche i taxi”.

Dal canto suo, Locatelli ricorda che grazie alla legge deleginca sulla disabilità il Governo realizzerà una vera e propria “rivoluzione”, a partire dalla “sburocratizzazione”, eliminando ad esempio “le visite di rivedibilità” negli anni seguenti dopo il riconoscimento della disabilità. Tra gli obiettivi c’è anche “l’introduzione del progetto di vita– ricorda il ministro- a partire dai desideri delle persone, con i servizi attivati direttamente dai territori e non dalle persone che devono girare tra centomila uffici”. Secondo Locatelli, “la rivoluzione è non pensare in termini di assistenzialismo, ma di inclusione e valorizzazione dei talenti e delle competenze delle persone”. Per l’assessore comunale al Welfare, Luca Rizzo Nervo, “bisogna accompagnare questa transizione, dai servizi assistenziali ai progetti di vita. Un passaggio importante che però va sostenuto anche con risorse, che vanno aumentate e spese bene. Abbiamo bisogno che siano sostenuti gli enti locali”. Prima del convegno in Cappella Farnese, la ministra ha incontrato il sindaco Matteo Lepore: barriere architettoniche, centri estivi, Fondo periferie, integrazione e inclusività i temi del faccia a faccia. Lepore e Locatelli “hanno ribadito la reciproca volontà di lavorare insieme per il sostegno alle famiglie e sulle politiche sulle disabilità”, si spiega da Palazzo D’Accursio.


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