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Ricerca, ora gli speleologi scavano all’insù: “Siamo gli astronauti della terra”

Intervista a Luca Pisani del gruppo speleologico bolognese

Pubblicato:15-06-2018 04:34
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:15
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BOLOGNA – A volte basta cambiare prospettiva per scoprire qualcosa di importante. Lo sa bene il gruppo speleologico bolognese che durante l’esplorazione della grotta Marcel Loubens ha trovato un cranio umano risalente a 5.300 anni fa. “Il modo di fare speleologia è totalmente cambiato rispetto a 50-60 anni fa”, racconta Luca Pisani, giovane speleologo bolognese. “Prima si voleva scendere sempre più in profondità”, da oggi invece, anche grazie allo sviluppo di nuove tecniche di risalita “si esplorano camini, finestre laterali e canyon spostandosi verso l’alto o lateralmente“. Ed è proprio così, ‘scavando all’insu’, che è stato scoperto il teschio che nelle esplorazioni precedenti (la grotta è stata scoperta nel 1959, ndr) non era mai stato notato.

“A 10 MINUTI DA BOLOGNA CI SONO LUOGHI INESPLORATI”

“Oggi ci caliamo in verticale utilizzando la tecnica delle corde che ci permette spostarci di lato più facilmente”, continua Pisani, raccontando come lui e i suoi colleghi riescano a infilarsi in cunicoli larghi al massimo 60 centimetri, ma molto spesso più stretti. “Lo si fa per passione”, racconta Luca, che dopo la laurea in geologia ha deciso di frequentare il corso di formazione per diventare speleologo. É quando pensa che “a dieci minuti di macchina da Bologna ci sono luoghi inesplorati” che trova il coraggio di rimanere “per 10 ore a 800 metri sotto terra“.

CAMPEGGI SOTTERRANEI

Non c’è un tempo preciso per le esplorazioni, alcune possono durare due ore, altre anche 18. “Anzi, alcune volte vengono fatti anche ‘campeggi sotterranei‘ dove si rimane per quattro giorni”, descrive il ragazzo.


La speleologia non è un’attività difficile, non richiede particolare prestanza fisica. Anche se in alcuni casi “essere magri può sicuramente aiutare, e per certe missioni in luoghi molto stretti vengono fatte delle selezioni”. Ma la selezione più ferrea avviene sul piano psicologico.

“La cosa davvero complicata è quella di non sentirsi fuori luogo”, afferma Pisani aggiungendo che per lui entrare in una grotta equivale a entrare in casa sua. Alcune persone “potrebbero sentirsi spaesate, potrebbero perdere i sensi, la cognizione del tempo e dello spazio”, e per questo è necessario essere adeguatamente formati. E’ lo stesso processo che viene seguito dagli astronauti. Non è un caso che l’Agenzia aerospaziale europea per addestrare i prossimi piloti dell’universo organizzi corsi sottoterra, utilizzando le stesse tecniche degli speleologi.

GLI SPELEOLOGI? GLI ASTRONAUTI DELLA TERRA

“I metodi utilizzati sono gli stessi, anche perchè le condizioni di vita sono simili”, aggiunge Luca, sorridendo mentre descrive gli speleologi come “gli astronauti della terra”. Dopo tre anni passati più sotto terra che in superficie Luca sente di aver fatto la scelta migliore, perchè “i rapporti sociali sono genuini, non ci sono discriminanti o differenze di sesso o età”. Per loro è importante “superare la superficie” sia materiale che metaforica, ed è per questo che “passo molti weekend in una grotta“, conclude il giovane speleologo raccontando quanto diventino forti i rapporti tra le persone “quando si condividono le stesse passioni e difficoltà, andando oltre l’apparenza”, che sia fisica o mentale.

di Sara Forni

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