NEWS:

Strage di Bologna, venerdì si apre un nuovo capitolo con il processo ai mandanti

Tra due giorni comparirà davanti alla Corte d'assise Paolo Bellini, accusato di concorso nell'attentato del 2 agosto 1980: per la Procura generale fu il 'quinto uomo' del gruppo neofascista che eseguì la strage

Pubblicato:14-04-2021 16:22
Ultimo aggiornamento:14-04-2021 16:22
Autore:

Strage_bologna bellini
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

BOLOGNA – Ancora due giorni e si aprirà un nuovo capitolo della storia giudiziaria della strage del 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria di Bologna, nella quale 85 persone morirono e oltre 200 rimasero ferite. Venerdì mattina partirà infatti, davanti alla Corte d’Assise del capoluogo emiliano, il processo a Paolo Bellini, ex esponente di Avanguardia nazionale, all’ex Carabiniere Piergiorgio Segatel e a Domenico Catracchia, amministratore di condominio di alcuni immobili di via Gradoli a Roma in cui trovarono rifugio i Nar. A sostenere l’accusa davanti alla Corte, che sarà presieduta dal presidente del Tribunale bolognese, Francesco Caruso, non sarà però la Procura, ma la Procura generale, che alla fine di ottobre del 2017 avocò l’inchiesta sui mandanti dopo che la Procura aveva deciso di chiederne l’archiviazione, e che sarà rappresentata in aula dall’avvocato generale dello Stato, Alberto Candi, e dai sostituti pg Nicola Proto e Umberto Palma.

Bellini, personaggio a metà strada tra l’eversione di destra e la criminalità comune, era stato prosciolto nel 1992 dalle accuse relative al 2 agosto, proscioglimento poi revocato nel maggio del 2019 su richiesta della Procura generale bolognese. Originario di Reggio Emilia, esperto di opere d’arte e noto con il soprannome di ‘Primula nera’, Bellini, nato nel 1953, è stato latitante in Brasile, sotto il falso nome di Roberto Da Silva, e dopo essere stato arrestato nel 1999 ha deciso di collaborare con la magistratura, confessando una decina di omicidi, tra cui quello dell’esponente di Lotta continua Alceste Campanile. Oltre a questo, l’ex terrorista ha collaborato anche con la Procura di Palermo, nell’ambito dell’indagine sulla trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra.

Nel processo che partirà venerdì Bellini è accusato di concorso nell’attentato: per la Procura generale, in sostanza, fu il ‘quinto uomo’ del gruppo neofascista che eseguì la strage, assieme a Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini, già condannati in via definitiva, e a Gilberto Cavallini, condannato in primo grado all’ergastolo dalla Corte d’Assise bolognese nel gennaio del 2020. Tra le prove a suo carico, oltre a una serie di intercettazioni, spicca il fotogramma di un filmato Super8 girato da un turista tedesco il 2 agosto 1980, nel quale si vede un uomo molto somigliante a Bellini, indicato tra l’altro dalla sua ex moglie come la persona che compare nel video.


A processo assieme a lui andranno Segatel, accusato di depistaggio perché durante un interrogatorio ha negato di aver incontrato la moglie dell’esponente di Ordine Nuovo, Mauro Meli, a cui prima della strage il marito confidò “che la destra stava preparando qualcosa di veramente grosso”, e Catracchia, ritenuto responsabile di false informazioni al pubblico ministero al fine di sviare le indagini.

Inizialmente tra gli imputati c’era anche l’ex capocentro del Sisde di Padova, Quintino Spella, accusato di depistaggio. Spella, però, è deceduto all’età di 91 anni lo scorso gennaio, mentre era in corso l’udienza preliminare. Come lui, diverse altre persone coinvolte nelle indagini non potranno essere processate in quanto sono già morte. In particolare, non sfileranno in Corte d’Assise Licio Gelli, capo della loggia segreta P2, il suo braccio destro Umberto Ortolani, l’ex capo dell’Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno, Federico Umberto D’Amato e il giornalista Mario Tedeschi, ex direttore de ‘Il Borghese’ ed ex parlamentare del Msi, tutti ritenuti a vario titolo mandanti, finanziatori o organizzatori dell’attentato, ma deceduti da tempo.

L’ipotesi degli investigatori è che la strage alla stazione fosse stata pianificata fin dal febbraio del 1979, quando dai conti svizzeri di Licio Gelli partirono i primi soldi per finanziare i gruppi neofascisti, che avrebbero ricevuto dal Maestro Venerabile e dalla P2 sei milioni di dollari. E il processo in partenza questa settimana- che vede coinvolti come parti civili non solo i familiari delle vittime, ma anche il Comune di Bologna, la Regione Emilia-Romagna e l’Avvocatura generale dello Stato– potrebbe essere solo la ‘prima puntata’, visto che la Procura generale ha ancora aperta una seconda tranche di indagini sui mandanti e sui finanziatori della strage.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it