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Sicurezza, una “cultura giusta” per evitare nuove Brandizzo

Nella giornata di lavori promossa da Epar e Fonarcom si è parlato di "just culture", un concetto basato sulla segnalazione spontanea delle situazioni di rischio per prevenirle e mitigarle

Pubblicato:12-10-2023 15:30
Ultimo aggiornamento:12-10-2023 17:55
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Ambiente lavoro
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BOLOGNA – Novità nel campo della sicurezza sul lavoro: si chiama Just Culture e tradotto dall’inglese significa “Cultura Giusta“. Un concetto basato sulla segnalazione spontanea delle situazioni di rischio per prevenirle e mitigarle, sperimentato con successo nell’aviazione civile, “uno dei settori in cui si verificano il minor numero di incidenti”. E che ora gli enti di formazione vogliono introdurre anche nelle piccole e medie imprese. Con questo metodo, spiegano in coro Epar, Cifa, Confsal e Fonarcom, si sarebbero potute evitare stragi annunciate come quella recente del disastro ferroviario di Brandizzo, in Piemonte, dovuto proprio a una serie di errori nelle comunicazioni operative. Di questo si è parlato in un panel ad hoc della giornata di lavori promossa da Epar e Fonarcom “Educare alla prevenzione nella scuola e nelle aziende”, con gli interventi di Andrea Cafà presidente di Cifa Italia e di Fonarcom, Angelo Margiotta segretario generale Confsal, Marco Di Giugno direttore Analisi giuridiche e contenzioso Enac, Pietro Sirena, già presidente della Corte d’appello di Catanzaro, e Manlio Sortino, presidente di Epar, moderati dal giuslavorista Fabrizio Di Modica.

LA JUST CULTURE ARRIVA DAL SETTORE DEL TRASPORTO AEREO

Come ha spiegato Marco Di Giugno “il mezzo di trasporto più sicuro, il trasporto aereo, porta con sé una best practice che vorremmo esportare a tutti gli altri settori del lavoro: la Just Culture”. Infatti, prosegue l’esperto, “un incidente si verifica perché c’è una concatenazione di eventi. Se noi, attraverso la segnalazione, riusciamo a individuare uno di questi che, preso singolarmente, non ha rilevanza da creare un incidente grave e interrompiamo la catena, c’è una buona probabilità che l’evento grave non si verifichi”. Per questo un sistema innovativo di questo tipo fa sì che “i nostri operatori di prima linea non abbiano paura a segnalare se c’è qualcosa che non va, perché un piccolo segnale è un campanello d’allarme da intercettare per evitare che incidenti come quello di Brandizzo si possano verificare”.

Con le segnalazioni e la partecipazioni “si coinvolgono attivamente i lavoratori a un miglioramento continuo”, aggiunge Margiotta, mettendo al centro “salute, prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro”, senza temere sanzioni. Non chiamateli però ‘whistleblower’. Infatti, in termini giurisprudenziali, la Just Culture “nasce a tutela di chi ha commesso un reato con colpa lieve, che dovrebbe collaborare e che teme di collaborare perché le sue dichiarazioni possono essere utilizzate contro di lui”, spiega Sirena. In questo modo “viene protetto, possibilmente con un non doversi procedere nei suoi confronti”.


IL MANUALE DI ISTRUZIONI

Dai lavori dell’incontro emerge anche la necessità di stilare un manuale d’istruzioni sulla Just Culture che possa essere utilizzato dagli addetti ai lavori come guida operativa, e che per Cafà, presidente Cifa, “è matura per poter fare l’ingresso anche nella piccola e media impresa”, generando una nuova cultura della sicurezza in cui “la formazione non dovrà più essere intesa solo come un obbligo normativo ma dovrà venire percepita come un bisogno avvertito dai lavoratori stessi, al fine di tutelare la propria salute e la qualità del contesto in cui operano”. Intanto, il 17 ottobre ci sarà la prima conferenza nazionale sulla Just Culture presso l’Ufficio di Roma del Parlamento europeo.

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