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Silvio Berlusconi convinse gli italiani che potevano diventare ricchi come lui

Il cittadino diventato importante da solo e contro tutti, si metteva a disposizione dei cittadini comuni per Governare il Paese e salvarlo dai comunisti

Pubblicato:12-06-2023 18:30
Ultimo aggiornamento:12-06-2023 19:34

SILVIO BERLUSCONI
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ROMA – Vero che Silvio Berlusconi, fino ad allora imprenditore di successo, si trasformò in leader politico nel 1994 dopo che l’onda giustizialista dello scandalo ‘tangentopoli’ azzerò in un colpo solo Dc e Psi, i partiti su cui dal 1960 ruotava tutto il sistema politico. Ma è 10 anni prima, precisamente l’11 maggio del 1984 al Congresso che il Psi di Bettino Craxi – grande sostenitore di Silvio imprenditore – tiene a Verona che assistiamo al cambio di passo culturale e sociale che investirà e cambierà la società italiana nei successivi dieci anni e dal 1994, con la nascita del Berlusconi politico, ancora fino ad oggi

Che cosa succede quell’11 maggio 1984? Al Congresso Socialista, come invitati, arriva la delegazione del Partito Comunista Italiano guidata dal segretario Enrico Berlinguer. Appena entrati nell’arena vengono sommersi dai fischi, gesti con le corna, grida e parolacce di ogni genere. Il presidente di turno cercò di placare le proteste ma le sue parole, al rispetto degli ospiti, furono soffocate da grida più alte. In quegli anni, dopo l’assassinio del presidente della Dc, Aldo Moro, da parte delle Brigate Rosse e la fine della ‘solidarietà nazionale’ tra Dc e Pci, Berlinguer posizionò il partito sulla questione morale, la lotta alla corruzione che ormai era arrivata ovunque, non solo nella pubblica amministrazione ma pure a livello di vita dei cittadini. Il Pci di Berlinguer puntò il dito contro la Dc di Forlani e il Psi di Craxi e per questo fu contestato. Lo stesso Craxi, che all’inizio sembrò condannare l’offesa agli ospiti del Pci da parte dei suoi delegati, subito dopo li sbeffeggiò: “Se i fischi erano un segnale politico che manifestava contro questa politica – disse- io non mi posso unire a questi fischi solo perché non so fischiare”.

Ecco, fu lì che venne lanciato il cambio di passo culturale e politico, che da quel congresso arrivò a tutta la società italiana e si trasformò in vera e propria ondata, una sorta di ‘liberi tutti‘, dopo un mese a seguito della morte improvvisa del segretario del Pci Enrico Berlinguer durante un comizio elettorale a Padova. In quel momento si affermò la line apolitica decisionista di Craxi, l’uomo del comando che non guarda in faccia nessuno; proprio lì vennero piantati i semi di quel ‘populismo’ che dopo qualche anno si trasformerà in rivolta di massa contro i partiti politici e la classe politica.


Fu proprio Silvio Berlusconi, messi fuori gioco dai Tribunali i suoi difensori politici, a presentarsi come l’imprenditore di successo, il cittadino diventato importante da solo e contro tutti, che si metteva a disposizione dei cittadini comuni per Governare il Paese e salvarlo da quei comunisti che pur avendo cambiato nome (Pds e Ds) e ragione sociale per lui rimanevano sempre gli stessi, gli eredi dei mangiatori di bambini. Berlusconi spiazzò tutti creando Forza Italia, fino allora grido di tutti gli italiani trasformato nel suo partito personale. Vinse le elezioni nel 1994 mandando in soffitta la ‘gioiosa macchina da guerra’ messa in campo dall’allora segretario del Pds Achille Occhetto, e fu presidente del Consiglio per altre tre volte. Il credo ‘berlusconiano’, che sin dall’inizio era diretto a tutti gli italiani, per convincerli che tutti potevano arricchirsi e diventare come lui, bastava crederci, darsi e da fare con spirito d’azione, aveva ormai conquistato ogni spazio del dibattito politico. Si parlava di Berlusconi, di quello che faceva o gli accadeva, e dall’opposizione i discuteva di Berlusconi, di quel che faceva o gli accadeva. Un modo di fare suicida, una comunicazione politica sbagliata e perdente rispetto a quello che a tutti gli effetti era il ‘re della comunicazione’.

Cercò di porre rimedio Walter Veltroni, diventato primo segretario del Pd nel 2008, Vetroni che negli anni’80 da responsabile comunicazione del Pci organizzò un mega-convegno per aprire alla tv commerciale di Berlusconi, impostando tutta la campagna elettorale sul non citare il nome di Berlusconi che lui in ogni dove definiva “il principale esponente dello schieramento a noi avverso”. Veltroni tentò di inchiodare Berlusconi sul rispetto delle regole democratiche, addirittura con una lettera pubblica in cui gli chiedeva “di restare fedele alla Costituzione repubblicana, alla bandiera Tricolore e all’inno di Mameli”. Berlusconi tagliò corto, giudicandola lettera ‘irricevibile’ perché Veltroni non poteva dare patenti di lealtà repubblicana perché “erede di un partito, quello comunista, che da sempre predicava la lotta di classe ed era finanziato da un Paese nemico dell’Italia”.

Anche nel 2008 il Pd di Veltroni fu sconfitto e “il principale esponente dello schieramento avverso” fu nominato Presidente del Consiglio per la quarta volta. Il resto è storia di oggi, con Berlusconi sempre più ‘debole politicamente’ ma sempre indispensabile per vincere. Anche alle ultime elezioni politiche del 2022, quelle che hanno incoronato Giorgia Meloni Presidente del Consiglio. Morto Silvio Berlusconi presto cominceranno a farsi avanti quelli che cercheranno di metter mano ai voti rimasti a Forza Italia. A chi andranno? Difficile che restino a Forza Italia, di questo è sicuro Giuliano Urbani, ex ministro e tra gli ideologi a cui Berlusconi chiese di scrivere il suo programma di governo. “Berlusconi – ha risposto Urbani all’Huffpost- ha scritto l’equazione: Forza Italia uguale Io. Dunque ha scritto anche il futuro, se la invertiamo sappiamo cosa ne sarà di Forza Italia”.

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