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Tg Riabilitazione, edizione del 9 gennaio 2019

https://www.youtube.com/watch?v=LgrGoKRizqc&feature=youtu.be POLICLINICO GEMELLI, INTERVENTI PIÙ SICURI GRAZIE A SUPPORTO ECOGRAFICO L’ecografia è il ‘terzo occhio’ del medico. A sostenerlo sono i ricercatori

Pubblicato:09-01-2019 12:17
Ultimo aggiornamento:09-01-2019 12:17
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POLICLINICO GEMELLI, INTERVENTI PIÙ SICURI GRAZIE A SUPPORTO ECOGRAFICO

L’ecografia è il ‘terzo occhio’ del medico. A sostenerlo sono i ricercatori dell’Unità Operativa di Neuroriabilitazione ad Alta Intensità della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs coordinati dal Responsabile Luca Padua. Le evidenze scientifiche raccolte dal docente di Neurologia all’Università Cattolica e Referente Scientifico della Fondazione Don Carlo Gnocchi, che ha lavorato insieme ai dottori Daniele Coraci e Claudia Loreti, sono state pubblicate in forma di lettera sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine. Nel caso d’interventi chirurgici, l’ecografia può essere usata per conoscere bene la condizione anatomica del nervo e delle strutture circostanti in fase pre-operatoria, ovvero ‘a cielo chiuso’. Questo permette di pianificare l’intervento con maggiore sicurezza, conoscendo e preparando le procedure da attuare. Attualmente, l’utilizzo del supporto ecografico in questo tipo di interventi è limitato solo ai centri altamente specializzati in quanto ancora di recente introduzione e richiede un’elevata esperienza da parte del medico. L’auspicio è che sempre di più ci si avvalga di questa metodica nello svolgimento di operazioni neurochirurgiche agli arti.


AIFI: DEVASTANTE LA MANOVRA PER LE PROFESSIONI SANITARIE

“Abbiamo trovato nottetempo un emendamento che poi purtroppo e’ entrato nella legge di bilancio in cui si apre la porta dell’iscrizione agli albi e agli ordini, seppur in elenchi a speciali, a coloro che per 36 mesi hanno esercitato una professione di tipo sanitario pur non avendone i titoli. Questa per noi e’ una cosa devastante. Vuol dire aver fatto esercizio abusivo della professione sanitaria. Noi abbiamo il titolo di laurea per diventare fisioterapisti, o dei titoli equipollenti o equivalenti per coloro che avevano fatto dei percorsi precedenti prima che venisse introdotta la laurea”. A dirlo è il presidente dell’Aifi, Mauro Tavarnelli. “Al cittadino dico di chiedere l’iscrizione all’albo dei fisioterapisti in modo da verificare se si tratta di un professionista vero- ha proseguito Tavarnelli- Gli abusivi della professione sono talmente tanti che noi da anni non riusciamo piu’ a contarli. Chi ha portato avanti quella che noi chiamiamo sanatoria dice: non potevamo far perdere il posto di lavoro a migliaia di operatori. Ma se non avevano il titolo chi gliel’ha dato questo posto di lavoro? Se troviamo un falso medico in ospedale non e’ che lo teniamo li’ perche’ e’ un padre di famiglia. Le professioni della salute non sono uno scherzo”.

TRAUMI AL MIDOLLO SPINALE, NUOVE METODICHE ALLA FONDAZIONE SANTA LUCIA

Studiare percorsi di riabilitazione per pazienti affetti sia da deficit motorio che cognitivo provocati da patologie e traumi di origine neurologica è al centro dell’attività della Fondazione Irccs Santa Lucia di Roma. In particolare nel Centro Spinale e nel Laboratorio di Riabilitazione delle Lesioni Midollari e di Neurorobotica, grazie all’ampia casistica maturata nella neuroriabilitazione di persone con lesioni del sistema nervoso centrale a seguito di traumi del midollo spinale, sono stati sviluppati nuovi protocolli terapeutici, frutto di sperimentazioni scientificamente validate, che trovano in questo modo diretta applicazione nei percorsi di cura rivolti a questa tipologia di pazienti. A spiegare all’agenzia di stampa Dire le nuove metodiche messe in campo e le tecnologie utilizzate, in particolar modo gli esoscheletri, a supporto della riabilitazione fisica dei pazienti è stato Marco Molinari, direttore del Centro.

CURARE L’ALZHEIMER ATTRAVERSO I RICORDI CON IL PROGRAMMA TECI

Una terapia innovativa per curare l’Alzheimer che non ricorre all’utilizzo dei farmaci bensì vuole aggredire la malattia stimolando i ricordi attraverso il contatto dei pazienti con foto, cuscini, stoffe, rosari e odori e tutto ciò che può essere familiare. E’ il metodo Teci, l’acronimo sta per Terapia espressiva corporea integrata, ideato da Elena Sodano. L’obiettivo, come ha spiegato la stessa Sodano nel suo libro ‘Il corpo nella demenza’, è quello di umanizzare il percorso terapeutico delle demenze. Il metodo, grazie a supporti neuroscientifici, anatomo-funzionali e psicologici vuole ridefinire i limiti corporei delle persone con demenze che con il progredire inesorabile della malattia vengono meno. Il metodo oggi è applicato a 15 pazienti all’interno del Centro diurno per malattie degenerative ‘Antonio Doria’ nato a maggio scorso nel cuore del borgo di Cicala nella Sila. Nel programma adottato dal centro c’è anche la possibilità d’interagire con le persone del posto, un’integrazione importante che umanizza e migliora gli esiti delle cure.

STUDIO USA PREFIGURA CURE PERSONALIZZATE PER ALZHEIMER

Un gruppo di ricercatori Usa ha categorizzato la malattia di Alzheimer in sei condizioni distinte e basate sulla funzione cognitiva al momento della diagnosi nonchè su dati genetici che dimostrano le differenze biologiche tra i gruppi. I risultati rappresentano “un importante traguardo sulla strada verso la medicina personalizzata”, hanno scritto Paul Crane e colleghi, della School of Medicine della University of Washington a Seattle, nel rapporto pubblicato su Molecular Psychiatry. Lo studio ha coinvolto 4.050 pazienti affetti da Alzheimer a esordio tardivo e poi assegnati a sottogruppi cognitivamente definiti sulla base delle loro prestazioni relative a memoria, funzionamento esecutivo, funzionamento visuospaziale e alla lingua al momento della diagnosi. Le frequenze genotipiche per ciascun sottogruppo sono state confrontate con quelle di controlli anziani cognitivamente normali. Per gli autori i dati raccolti costituiscono un forte supporto finalizzato a creare uno schema di categorizzazione. “Ogni sottogruppo che abbiamo analizzato- aggiungono gli esperti- ha ‘odds ratio estremi’ su nuovi Snp coerenti su più campioni indipendenti. Serve ancora molto lavoro a valle dei nostri risultati iniziali- aggiungono- ma ognuno di questi 33 Snp rappresenta una biologia sottostante che rende le persone suscettibili a uno specifico sottotipo di malattia di Alzheimer. Rappresenta quindi un possibile nuovo obiettivo per il lavoro futuro”.

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