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Studente intervista Massimo Rinaldi

Il direttore sportivo della Federazione Sci Alpino racconta il suo lavoro

Pubblicato:06-04-2021 13:58
Ultimo aggiornamento:06-04-2021 14:25
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ROMA – La prima volta da allenatore nello sci club ‘Bormio’ nel 1990, poi tra il ’92 e il ’95 la guida del comitato regionale lombardo, fino a sbarcare da ‘quadro tecnico’ nella Federazione di sci alpino che nel 2014 lo ha investito del ruolo di Direttore sportivo, istituito per la prima volta nella storia della FISI. Massimo Rinaldi, uno dei volti dell’eccellenza della Federazione dello Sci Alpino, ha raccontato le fasi salienti della sua carriera, in un’intervista realizzata dal giovane Simone Spiller, dell’istituto ‘Piazzi Lena Perpenti’ di Sondrio e disponibile su ‘La scuola fa notizia‘. Uno dei compiti principali svolti da Rinaldi all’interno della FISI è la gestione del budget della federazione, nello specifico i fondi da destinare alle squadre nazionali di sci alpino maschili e femminili in vista di coppa del mondo ed Olimpiadi, prima delle decisioni finali del CONI.

“Far quadrare i conti è sempre difficile, soprattutto perché lo sci è uno sport outdoor dove ci sono molte varianti e variabili. Lo sci ha bisogno innanzitutto della neve, del bel tempo meglio, ma se il programma cambia per brutto tempo o per condizioni particolari devi rivedere tutti i programmi in accordo con gli allenatori, con i direttori tecnici e quindi alla fine, come si dice in gergo, ‘tirare una linea e far quadrare i conti’, spiega. Un’altra funzione di notevole importanza è l’organizzazione delle trasferte, dalla prenotazione dei voli, agli alberghi, fino ai minimi dettagli connessi alle piste di allenamento: “È un lavoro molto particolare– afferma Rinaldi- perché, se svolto bene e curato nei particolari, determina il successo di tutta la trasferta. Chiaro- continua- che si passa dalla semplice prenotazione dell’albergo, magari a Livigno, per un allenamento, all’organizzazione di trasferte più complesse come ad esempio quella per le olimpiadi del prossimo anno che si disputeranno in Cina dove il CONI chiede con due anni di anticipo notizie di logistica”.

La capacità organizzativa è, tra le altre cose, quella ad essere stata messa più duramente alla prova durante la pandemia: basti pensare alla riduzione drastica dei viaggi, al tentativo di separare due squadre diverse per evitare di “mischiare le famose bolle”, senza tralasciare i tamponi regolari per atleti e tecnici e le misure di isolamento dei positivi, spesso causa di repentini cambi di programma. Oltre alla collaborazione con i responsabili del dei programmi tecnici e individualizzati per ciascun atleta, Rinaldi fa anche parte del Comitato esecutivo di coppa del mondo: “Se c’è da discutere un regolamento nuovo piuttosto che un calendario di coppa del mondo, per l’Italia ci sono io e questo è interessante anche perché posso confrontarmi con la realtà internazionale”, racconta.


Simone, da giornalista in erba, non perde l’occasione per domandargli del suo rapporto con la stampa: “Questo compito mi piace un po’ meno. Per fortuna c’è un addetto stampa della federazione che cura tutta questa parte. Diciamo che avere a che fare con i giornalisti non è sempre facile. È facile quando si vince, più difficile quando ciò non accade”.
Nella logistica giocano un ruolo cruciale i tempi tecnici richiesti dallo sci: “Pensa che dal momento in cui parti dall’albergo al momento in cui rientri passano almeno tre ore: devi prendere lo skilift, devi fare ricognizione, gli allenatori intanto preparano il tracciato. Diciamo che c’è tutta una fase di preparazione e poi magari l’atleta svolge cinque prove di allenamento di un minuto ciascuna. Quindi in una mattinata si è allenato cinque minuti”, spiega l’intervistato.

Rinaldi ha anche ricordato che “oltre a quella sugli sci c’è tutta la parte di allenamento o di mantenimento atletico al quale durante l’inverno nel pomeriggio ogni atleta dedica comunque un’oretta, un’oretta e mezza”.  É però nei mesi estivi che si dà più spazio alla preparazione atletica, che ha inizio con la resistenza in bicicletta, a cui segue un lungo periodo dedicato alla costruzione della forza muscolare e alla potenza fino alla trasposizione di tutto il lavoro sugli sci perché “è inutile avere tanti muscoli e tanta potenza se poi non riesci a sfruttarla sulla neve”.

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