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Gascoigne homeless: “Prima ero un ubriacone felice, ora sono un alcolista triste”

"Per le cose che ho dovuto affrontare, sono fortunato a essere ancora seduto qui"

Pubblicato:06-03-2024 13:42
Ultimo aggiornamento:06-03-2024 14:48

Paul Gascoigne
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“Prima ero un ubriacone felice, ora sono un alcolista triste”. Per di più Paul Gascoigne è tecnicamente un homeless: non ha più una casa, vive nella stanza degli ospiti del suo ex agente. Gazza parla al High Performance Podcast, un’intervista a tratti straziante. E’ come se parlasse di due persone diverse, di una scissione intima: “La gente conosce Paul Gascoigne ma Gazza nessuno lo conosce, nemmeno io a volte. Cerco di non abbattermi perché il mondo è già abbastanza giù e, quando sono davvero giù, è allora che prendo un drink per tirarmi su”.

“Se voglio che la giornata sia brutta, vado al pub. Se voglio che sia una bella giornata, prendo la mia canna da pesca e vado a pescare. Ero un ubriaco felice. Non lo sono più. Sono un ubriaco triste. Non esco a bere. Bevo in casa. Non credo di aver deluso nessun allenatore, né i giocatori, né i tifosi. Se c’è stato qualcuno che ho deluso, è me stesso”.

Gascoigne dice che gli manca l’euforia che deriva dall’esibirsi davanti a migliaia di persone, anche 20 anni dopo il ritiro. “Per le cose che ho dovuto affrontare, sono fortunato a essere ancora seduto qui. Ho passato tanti anni a terra, quando mi sono fatto i legamenti e poi la rotula, ho perso quattro anni di calcio”.


“SNIFFAVO COCA SUL WATER IN PRIGIONE”

Ora viene chiamato come relatore a parlare della sua dipendenza:  “Quando vado in questi posti, difficilmente parlo di calcio, più delle cose pazze che facevo. Devo subito farli ridere. Ci sono state alcune volte in cui ho pianto sul palco. Posso essere emotivamente debole. Non ci vuole molto per piangere, a volte. Tengo dentro un sacco di cose, cose che dovrei condividere ma che ho paura di condividere con le persone. Non credo che crescerò mai, il che non mi dispiace, sai?”.

Della battaglia per restare sobrio, Gascoigne dice: “Non è il bere, è il dopo. Dopo aver guardato il mio telefono e aver visto 30 messaggi o chiamate perse, so di essere nei guai. Ma sto bene. L’anno scorso non è stato brillante, è stato a intermittenza per un paio di mesi. Non incolpo nessuno, incolpavo molte persone quando bevevo. Quello che ho passato in prigione e in riabilitazione – sniffando cocaina dai sedili del cesso – e poi mi è stato chiesto di diventare ambasciatore per il mio paese… non sapevo se ridere o piangere. Ho donato quasi un milione di sterline a 10 diversi enti di beneficenza e gli ho chiesto di non dirlo. Non mi sono mai arreso. Penso che il momento in cui mi arrenderò sarà quando sarò in una scatola di legno“.

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