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Limiti di età sul mantenimento dei figli? Il problema è molto più ampio

di Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell’IdO (Istituto di Ortofonologia)

Pubblicato:02-05-2016 07:56
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:39

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di Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell’IdO (Istituto di Ortofonologia)

‘Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto della capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli’. È l’articolo 147 del Codice Civile a pretendere che i genitori mantengano i figli finché non saranno autonomi economicamente, anche quando avranno superato da tempo la maggior età o il quarto di secolo. Una realtà sempre più avvertita in Italia, considerando che nel Bel paese circa il 66% dei “giovani adulti” vive ancora a casa con mamma e papà e chiede di essere aiutato.

“Il problema del mantenimento dei figli e dell’aspetto economico ad esso correlato, sia in una separazione in atto che quando tale separazione non sussista, indica un problema molto più ampio”, commenta alla DIRE Federico Bianchi di Castelbianco, noto psicoterapeuta dell’età evolutiva. “Finché si parla di bambini e adolescenti- continua l’esperto- è corretto definire quale dovrà essere la loro capacità economica, così da consentirgli un minimo di autonomia e di autogestione. Non solo- sottolinea lo psicologo- in questo modo, automaticamente, anche i genitori potranno contenere e autogestire meglio i comportamenti dei ragazzi”.


Non è il caso, quindi, di parlare di paghetta, spiega Castelbianco, “perché non corrisponde all’entità economica di spesa che il ragazzo in qualche modo gestisce. Certo, ci sarà l’adolescente che preferirà il capo di abbigliamento firmato ai soldi in tasca, ma è importante che alla base vi sia sempre una scelta da parte dei genitori. Non si può donare ai figli soldi e oggetti in modo compulsivo, per permettergli una vita dispendiosa”.

Per evitare, inoltre, comportamenti a rischio o sbandate stupide nei giovani, “sarebbe estremamente utile che i genitori conoscessero bene il modo in cui  i loro figli spendano i soldi. Se ci fosse stata una maggiore autoregolamentazione nell’ambito familiare, non si parlerebbe più di dare gli alimenti a ragazzi di 30 anni- ribadisce lo psicoterapeuta- perché l’aspetto economico non sarebbe abbastanza soddisfacente per dei ’giovani adulti’ che preferirebbero comunque trovare un lavoro”.

Sul limite di età, Castelbianco ricorda che “si indicano generalmente i 25 anni perché questo momento della vita è associato alla laurea, ovvero all’aver terminato ipoteticamente gli studi universitari. Significa che il giovane avrebbe una maggiore disponibilità di tempo per poter trovare un lavoro che possa renderlo autonomo”. Probabilmente, “il primo impiego non sarà quello agognato e in sintonia con gli studi svolti- continua il terapeuta- ma può capitare che, pur di avere dei soldi in tasca, si trovi un lavoro di ridotte ambizioni sociali. Ciò non costituisce una colpa né per il giovane né per il genitore. Sono fermamente convinto che bisogna smettere di dare soldi a quei ragazzi che non studiano, non lavorano e restano parcheggiati a casa dai 19 ai 25 anni. Si devono dare da fare. È impossibile- conclude lo psicoterapeuta- non trovare in tutto questo tempo un lavoro, anche più umile ma sicuramente più utile per loro”.

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