ROMA – E’ una vicenda piena di ombre quella in cui è stato coinvolto David Beckam. Il calciatore di fama mondiale è finito nel mirino degli hacker che, dopo averlo ricattato invano, hanno deciso di ‘vendicarsi’ pubblicando le sue email private.
La corrispondenza tra Beckham e la sua addetta alle pubbliche relazioni, è così finita tra le pagine del sito Football Leaks, distruggendo in poco tempo la reputazione del campione mondiale. Sì, perchè negli scritti, quello che emerge è un personaggio senza scrupoli, pronto a sfruttare la beneficenza solo per ricevere il titolo di ‘sir’, molto più prestigioso di quello ottenuto come “Officer of The Order of The British Empire”. A quanto pare infatti, nonostante avesse sponsorizzato il fondo di aiuti umanitari ‘7 Fund’, Beckham non avrebbe versato una sterlina in favore dell’iniziativa. Ma non è tutto. Il campione, avrebbe anche preteso un rimbroso di seimila sterline per la sua sponsorizzazione per l’Unicef.
Un bel guaio per lo sportivo, le cui mail, secondo un portavoce, sarebbero state “rubate e alterate” per “una deliberata cattiva immagine” di Beckham. Vere o no, le mail ormai sono finite nel mare di internet e difficilmente sarà possibile smentirle.
Secondo una fonte ascoltata dal Mirror: “È stata un’estorsione bella e buona”. L’hacker, che si è firmato Artem Lovuzov, avrebbe chiesto una somma compresa tra le 500mila e il milione di sterline per evitare la pubblicazione degli scritti ma la risposta è stata negativa.
Veritiere o meno, le email hanno fornito al pubblico una nuova immagine del calciatore dedito alla beneficenza. Da qui lo sforzo dei famigliari del calcitore di risollevargli la reputazione: il figlio Brooklyn ad esempio, ha pubblicato sul suo profilo social un’immagine del padre che abbraccia teneramente la figlia Harper. Diverso invece, l’approccio della moglie Victoria che si è ‘sacrificata’ cercando di attirare su di sé le attenzioni dei media sfoggiando gli abiti della sua linea di moda.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it