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Arriva il turbante Bio-Benin: a sostegno delle donne

Ambasciatore Togbe-Olory su progetto della stilista Strambi

Pubblicato:05-07-2019 12:55
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:29

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ROMA – Foglie di mango per il giallo e poi, dopo la tinteggiatura, filatura e piegatura tutte rigorosamente a mano. Il turbante “B-B”, vale a dire “Bio Benin”, cento per cento cotone organico e africano, affascina l’Italia.
Dopo la presentazione alla Milan Fashion Week, una tappa a Roma, con una serata all’Hotel Aldrovandi Villa Borghese. “È una nuova iniziativa che racconta la storia del nostro Paese, il passato, il presente e il futuro” sorride Evelyne Togbe-Olory, ambasciatore del Benin. È lei l’ideatrice del progetto, insieme con Laura Strambi, “fashion designer” casalese, atelier in Foro Bonaparte a Milano.

“Il turbante e’ personalizzato con stampe e ricami o arricchito da cristalli e pietre bio, pietre Swarovski, le uniche senza carbone” sottolinea Togbe-Olory. Che in un’intervista con l’agenzia ‘Dire’ insiste sul passato e il futuro: “Le nostre donne lo indossavano quando erano costrette a partire schiave per le Americhe attraverso l’Atlantico e lo indossano ancora oggi, tutti i giorni”. Un segno di sofferenza divenuto simbolo di redenzione e liberazione, capo d’abbigliamento di uso quotidiano con mille sfumature, non solo per i colori sgargianti ma anche per i nodi che con la loro posizione e orientamento rivelerebbero l’umore di chi lo porta.

E di speranza parla l’ambasciatore, convinto che moda possa e anzi debba significare sostenibilita’ sociale: “Il turbante risponde a sei dei 17 Obiettivi di sviluppo fissati dalle Nazioni Unite per il 2030”. C’e’ l’impegno per la parita’ di genere, per l’inclusione e per il lavoro, una dimensione cruciale per un Paese di 11 milioni di abitanti dove in tanti vivono in poverta’.
“Il turbante da’ alla donne lavoro e dignita’” dice Togbe-Olory: “Grazie alla stilista Strambi, che e’ nel circuito del commercio equo, le signore riescono a vivere decentemente”.


Avanti, allora, ma senza forzare i tempi. “Chi ordina il suo turbante deve aspettare un po’ piu’ di un mese, perche’ le lavoratrici possano prendere il filo di cotone, far la tinteggiatura con le foglie, poi la tessitura e la piegatura” sottolinea Togbe-Olory.

Accanto a lei, nella serata romana, Strambi parla di fashion sostenibile, di “copricapi di eleganza”, di storie di donne e di liberta’. “Oggi – spiega alla ‘Dire’ – la moda ha bisogno di valori concreti, con l’impegno a sostenere chi magari non e’ fortunato come noi”.

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