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Migranti, accoglienza a Roma: Raddoppiate le presenze

Lunaria ha realizzato il dossier "Il mondo di dentro". L'indagine rivela che c'è poca trasparenza nella gestione dei centri per migranti

Pubblicato:29-10-2016 17:13
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:14

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migranti_libia4ROMA – Sono passati quasi due anni da quando i primi arresti e la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare relative all’indagine “Mondo di mezzo” gettarono un’ombra piu’ che oscura sul sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati della Capitale. L’inchiesta rivelo’ un sistema radicato di corruzione e potere. Ma cosa e’ cambiato davvero in questi tre anni? L’esperienza di Mafia Capitale ha cambiato qualcosa?

-Presenze raddoppiate, ma resta il problema della trasparenza.

Per rispondere a queste domande l’associazione Lunaria ha realizzato il dossier “Il mondo di dentro”, che viene presentato oggi a Roma nell’ambito del Salone dell’editoria sociale. “L’indagine rivela come a Roma ci sia ancora un profondo problema di trasparenza nella gestione dei centri per migranti – spiega Grazia Naletto, presidente di Lunaria -. Questo e’ vero soprattutto per i Cas (centri per l’accoglienza straordinaria, ndr) ma anche per lo Sprar”. Secondo il rapporto al 19 settembre 2016 le strutture temporanee sono 70 nell’intero territorio della provincia di Roma e 310 nella Regione Lazio. I richiedenti asilo ospitati sono rispettivamente 4.063 e 7.822. In 10 mesi sia le strutture che le relative presenze sono piu’ che raddoppiate e la crescita e’ particolarmente significativa negli ultimi mesi: da 2.947 persone ospitate nei Cas della Provincia di Roma al primo luglio si e’ passati, infatti a 4.063 persone il 19 settembre.


Non sono, invece, disponibili informazioni sul numero complessivo di Cas collocati all’interno del territorio comunale. Nonostante questo aumento pero’, nel 2015 e nel 2016 le offerte presentate in termini di disponibilita’ dei posti di accoglienza sono risultate ampiamente inferiori rispetto alle richieste della Prefettura. “Dopo lo scoppio dell’inchiesta effettivamente sono stati effettuati bandi pubblici di gara – aggiunge Naletto – C’e’ stato da parte delle prefettura uno sforzo per cercare di uscire dal meccanismo degli affidamenti diretti, ma rispetto alla domanda di accoglienza l’offerta e’ stata molto inferiore e questo ha fatto si’ che si riproducesse un circolo vizioso e di nuovo si e’ proceduto con affidamenti diretti in emergenza”.

Le cooperative sotto inchiesta hanno continuato a partecipare ai bandi e a gestire l’accoglienza. Secondo il rapporto, molte delle cooperative coinvolte nell’inchiesta hanno continuato ad operare e a partecipare ai bandi pubblici per l’accoglienza. In alcuni casi sono stati sospesi gli effetti delle ordinanze interdittive antimafia o si e’ proceduto a nominare degli amministratori giudiziari. In questi casi la normativa vigente prevede che gli enti possano continuare a gestire i servizi previsti dai contratti in corso e possano partecipare nuovi bandi di gara. “Il tema che si pone e’ se la mera nomina di amministratori giudiziari possa garantire la corretta erogazione dei servizi e l’esclusione di qualsiasi rischio di riemersione di fenomeni di illegalita’ – si chiede Lunaria – La giustificazione secondo la quale cio’ consentirebbe di assicurare da un lato la continuita’ dei servizi prestati, dall’altro il mantenimento del posto di lavoro degli operatori non ci convince. Le visite che abbiamo effettuato hanno infatti evidenziato che la gestione e l’erogazione dei servizi nei centri gestiti da parte di alcune delle cooperative coinvolte nell’inchiesta non sembrano aver conosciuto cambiamenti significativi a seguito della nomina dei nuovi quadri dirigenti”.

Pochi controlli e bandi al massimo ribasso: cosi’ si genera la malaccoglienza. Il dossier rileva, inoltre, carenze nel sistema di monitoraggio e di controllo sistemiche. “Per quanto riguarda il Comune di Roma, l’Anac, nella delibera analizzata in questo lavoro, parla a tal proposito di una sistematica e diffusa violazione della normativa di settore da parte delle strutture organizzative di Roma Capitale deputate all’attivita’ di approvvigionamento di lavori, servizi e forniture – si legge nel dossier – Per ricondurre alla regolarita’ prassi amministrative come quelle descritte servirebbe un convinto impegno politico dell’attuale Giunta ad effettuare un profondo e articolato lavoro di revisione dei regolamenti comunali e delle procedure di affidamento dei servizi sinora adottate”.

L’altro problema sono i bandi al massimo ribasso: “se il criterio privilegiato per l’affidamento dei servizi di accoglienza resta quello del costo piu’ basso, e’ inevitabile che gli enti gestori siano indotti ad adottare un’economia di scala – spiega Lunaria -. la sostenibilita’ della gestione aumenta con il numero dei posti di accoglienza gestiti soprattutto laddove, come negli attuali bandi di gara pubblicati dalla Prefettura, il rapporto tra numero di operatori e numero di persone in accoglienza risulta squilibrato.

E’ per altro cio’ che molto crudamente e’ emerso dal testo di alcune intercettazioni citate nelle ordinanze di custodia cautelare su Mafia Capitale. Non e’ l’eccessivomigranti ammontare delle risorse pubbliche a generare il “business della malaccoglienza”.Al contrario,e’ il sistema di affidamento dei servizi che, per il modo stesso in cui e’ concepito, spinge per definizione gli enti gestori a competere al ribasso e ad economizzare al massimo sulla manutenzione ordinaria delle strutture e sui costi del lavoro degli operatori. Secondo il dossier gli stanziamenti complessivi iniziali previsti nell’area metropolitana di Roma per la gestione di 2.658 posti Sprar nel triennio 2014-2016 sono stati paria 114.453.576 euro, con una variazione che ha spaziato dai 37,7 milioni di euro del 2014 ai 38,8 milioni di euro previsti nel 2016.

Le informazioni relative agli stanziamenti e ai costi della gestione dei Cas allestiti su mandato della Prefettura, invece, non sono disponibili. Ma il costo massimo annuale stimato e’ pari a 51,1 milioni cui dovrebbe aggiungersi l’Iva per un costo complessivo di 61,9 milioni di euro. “La domanda che dovremmo porci e’ se un investimento pubblico di 35 euro al giorno e’ effettivamente sufficiente a garantire la completa e qualificata erogazione di tutti i servizi previsti nei bandi di gara – sottolinea il rapporto – .La risposta e’ negativa, come le inquietanti risultanze dell’indagine su Mafia Capitale, le visite effettuate in alcune strutture, le interviste intercorse con alcuni operatori e i documenti prodotti dalla societa’ civile evidenziano molto nettamente. Cio’ vale in particolar modo per la citta’ di Roma dove il mercato degli immobili e degli affitti presenta livelli di costo altissimi”.

Serve quella programmazione che ancora non c’e’. Il dossier quindi chiede uscire dall’approccio emergenziale con una programmazione di lungo periodo: “la programmazione dovrebbe essere effettuata almeno su base triennale. Cio’ consentirebbe di procedere con la pubblicazione di bandi di gara pubblici in tempi congrui e di non ricorrere in modo intensivo, come e’ avvenuto sino ad oggi, a procedure di affidamento diretto dei servizi che sono quelle maggiormente esposte ai rischi di irregolarita’ amministrative”.

(www.redattoresociale.it)

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