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Lavoro, solo 1 italiano su 3 è soddisfatto

Ciò che viene più desiderato è uno stipendio adeguato, oltre a un buon clima lavorativo

Pubblicato:29-09-2023 08:33
Ultimo aggiornamento:29-09-2023 17:46
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ROMA – In Italia solo tre persone su dieci si dichiarano pienamente soddisfatte della propria posizione lavorativa e circa una su due si sente abbastanza apprezzata e stimata sul posto di lavoro. Sono tra le principali evidenze di “Le nuove lenti per il mercato del lavoro”, la ricerca firmata MAW, l’agenzia per il lavoro e parte di W-Group, condotta su un campione di oltre 2.600 lavoratori in tutta Italia, che ha l’obiettivo di indagare bisogni, desideri e priorità dei lavoratori italiani in un momento di grandi sfide per il settore, e per fornire alle imprese uno strumento utile ad affrontare l’incremento del mismatching tra domanda e offerta di lavoro.

Gli intervistati, 46% uomini e 50% donne (4% preferisce non dirlo), hanno un’età media di 37 anni, prevalentemente lavorano da almeno 1 anno (88%) e provengono dai settori più svariati (da Metalmeccanica, Alimentare, Servizi, Commercio, Chimica, Gommaplastica, PA, Trasporto e Multiservizi). La maggior parte (62%) lavora in aziende con più di 50 dipendenti.

“Lo scopo di questa analisi è quello di fornire un quadro delle reali priorità e necessità delle persone rispetto alla propria vita lavorativa. I risultati guidano meglio noi nella valorizzazione dei talenti, ma possono essere d’ispirazione anche per stimolare un dibattito più ampio, che può aiutare anche i decisori a orientarsi nelle politiche più urgenti relative al mondo del lavoro – commenta Federico Vione, ceo di MAW e W-Group – Dall’analisi emerge che i lavoratori non cercano solo un posto di lavoro, ma qualcosa di più, ed è fondamentale per le aziende chiedersi se i propri dipendenti si sentano quindi sufficientemente coinvolti nei processi di crescita aziendale. Leggendo i dati, infatti, prendiamo atto che la carriera viene dopo la vita personale nella scala delle priorità e per quasi la metà del campione non è un aspetto di primaria importanza. I lavoratori coinvolti ci hanno raccontato, poi, l’importanza dell’aspetto salariale, che naturalmente continua ad essere al primo posto quando si cambia lavoro, ma anche del benessere sul luogo di lavoro: più di sei persone su dieci non lasciano i datori di lavoro che sanno valorizzarli e un buon rapporto con i colleghi è determinante nella scelta di non lasciare il proprio posto di lavoro. Tutti questi aspetti, insieme a quelli del welfare e della formazione, vanno necessariamente presi in considerazione quando parliamo dell’evoluzione del mondo del lavoro, perché alla base di tutto ci sono sempre le persone”.



I BISOGNI LAVORATIVI

Sul posto di lavoro, i dipendenti cercano principalmente due cose: uno stipendio adeguato (76%) e un bel clima lavorativo (56%). La crescita professionale conta quanto l’avere un carico di lavoro adeguato, registrati al 40% e 37%. Il dato è quanto più significativo se si considera il 33% dei dipendenti ha dichiarato di voler lavorare con bassi livelli di stress. “Incrociando questi dati con l’evidenza che una persona su due non si sente abbastanza apprezzata e stimata sul posto di lavoro, emerge che le strategie di retention spesso non sono adeguate ai reali bisogni dei lavoratori, a loro volta non ascoltati a sufficienza. Abbiamo chiesto loro di indicare le priorità sul lavoro e ne è emerso che ciò che chiedono è un compenso adeguato e un buon clima lavorativo. Nessun benefit o premialità speciale è tra le risposte più gettonate, a dimostrazione di come spesso trattenere i talenti in azienda possa essere meno complicato di quanto si pensa” ha aggiunto Vione.

La carriera è molto importante per il 55% degli intervistati ma, paragonata ad altri aspetti personali, si classifica al quarto posto dopo famiglia (28%), realizzazione personale (23%), e vita privata in generale (15%). Viene vista come di prioritaria importanza per la Gen Z (25%) rispetto alla fascia 35-50 (12%).


I BENEFIT AZIENDALI

I benefit sul posto di lavoro svolgono un ruolo determinante nell’attrarre, coinvolgere e trattenere i talenti. Dall’analisi emerge tuttavia un parziale scollamento tra l’offerta dei datori di lavoro e i desiderata dei dipendenti in materia di benefit: il 38% dei rispondenti, infatti, non ne percepisce nessuno. I maggiormente diffusi sono i buoni pasto (31%), i pacchetti welfare (25%), i corsi di formazione (21%) mentre lo smart working viene concesso solo al 9%.

Tra i benefit più ambiti dai dipendenti spiccano invece i bonus in denaro (54%), seguiti dai buoni pasto (33%), i corsi di formazione (22%). La quota di chi desidera lo smart working è registrata al 16%, soprattutto dai lavoratori delle grandi aziende, mentre i lavoratori di piccole imprese chiedono maggiormente formazione. In generale, la fascia d’età di lavoratori tra 25 e 34 anni è quella con una maggior distribuzione di benefit rispetto alle fasce più alte.


I RAPPORTI SUL LUOGO DI LAVORO

Sul lavoro sono fondamentali i rapporti umani, di cui i colleghi sono un pezzo insostituibile. L’unione del team è tra i principali bisogni espressi, ma non solo. Dalla ricerca MAW è emerso anche che il rapporto con i colleghi è tra le principali ragioni (31%) per cui i lavoratori decidono di restare nell’attuale posto di lavoro. Altre ragioni sono la vicinanza della sede di lavoro a casa (30%), la libertà di organizzazione e il bilanciamento vita-lavoro (entrambe le ragioni scelte dal 16%)Il rapporto con il proprio superiore determina in maniera netta il sentirsi a proprio agio sul posto di lavoro. In generale si registrano rapporti positivi con questa figura apicale, per il 37% è di fiducia e per il 35% è amichevole, anche se c’è un 31% che lo considera migliorabile e una minoranza (10%) che lo definisce stressante. Inoltre, il rapporto migliora o peggiora in base all’età: se la Gen Z ha un rapporto più amichevole e stimolante con il proprio superiore, altre fasce d’età (25-34 e 35-50 anni) lo ritengono migliorabile.

Sono poi state individuate le migliori caratteristiche che un leader dovrebbe avere: compare al primo posto il saper ascoltare (26%), seguito dall’essere in grado di valorizzare i talenti (19%), dalla capacità di dare fiducia (17%), e dal saper stimolare il lavoro in team. Oltre sei rispondenti su dieci non hanno lasciato il loro “miglior” datore di lavoro, ovvero colui o colei che incarnava tutte queste caratteristiche, e se l’hanno fatto sono stati condizionati per il 13% dal fallimento di quell’azienda o dall’impossibilità di fare carriera (10%).


LA DECISIONE DI CAMBIARE LAVORO

Chi ha deciso di cambiare lavoro almeno una volta nel corso della sua vita professionale (56%), lo ha fatto perché si è sentito sfruttato (22%), non valorizzato (19%), perché non si trovava bene con il proprio capo (16%), o per i carichi di lavoro eccessivi che non consentivano di avere un buon bilanciamento vita-lavoro (16%).

A dichiararsi insoddisfatti della scelta compiuta è stato solo il 14% del campione. Di questa percentuale, solo il 4% tornerebbe al lavoro precedente, mentre il restante 10% – pur insoddisfatto – non tornerebbe sui propri passi.

Nell’indirizzare la scelta del cambio lavoro, la tipologia di contratto offerto ha contato per il 54%, seguito dalla vicinanza a casa (48%), la flessibilità di orario (45%), la possibilità di fare carriera (39%).

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