ROMA – Cantautore, musicista, professore. Roberto Vecchioni ha compiuto 80 anni ieri, 25 giugno. Un traguardo che arriva dopo anni di successi, ma anche dolore. L’ultimo la scomparsa, due mesi fa, del figlio 36enne, Arrigo. E, per la prima volta, l’artista ha toccato l’argomento in un’intervista al Corriere della Sera realizzata da Walter Veltroni.
La perdita di un figlio è stata “una cesura tra una vita e un’altra, lo è stato ancora di più per mia moglie”. Il prof, però, ha aggiunto: “Non l’ho presa come un’ingiustizia. Questo no, assolutamente no. Mi viene in mente Eschilo che diceva: Si impara soffrendo. Forse dalla felicità non si impara un cazzo. Si impara solo soffrendo, sperando di tornare alla felicità. È stato il crollo del mondo, dell’universo, ma non di certezze e ideali”.
Oggi “lo sento dentro fortissimo, mio figlio. Lo sento intensamente, Arrigo, me lo rivedo dentro continuamente”, ha spiegato. Arrigo era il terzo di 4 figli, l’ultimo – Edoardo – soffre da tempo di sclerosi multipla
E sui problemi del ragazzo ha raccontato: “Lui era bipolare, ho una metafora: un giorno, tornando dall’ospedale vicino Piacenza dove lui andava a fare terapia, abbiamo preso la Statale per andare a Desenzano ed era piena di autovelox. Gli ho detto ‘Facciamo una cosa: tu guida, passa, ogni volta che c’è un autovelox te lo dico e tu rallenti’. Abbiamo fatto questa strada di corsa e sembrava la vita, proprio. Corsa, corsa corsa e ad ogni autovelox lo fermavo. Quando siamo arrivati lui mi ha abbracciato e mi ha detto: ‘Li abbiamo fottuti tutti, papà’. E invece un autovelox ci aveva beccati. Ho tentato di dire: ‘Non è colpa sua, ma mia, guidavo io’. ‘Eh no- hanno risposto- abbiamo visto, prendiamo lui’. Questa è la morte di mio figlio: gli autovelox della vita“.
Al di là di tutto, Vecchioni – interpellato su com’è avere 80 anni – ha risposto: “Arrivare a ottanta anni è una fatica, ma si è come prima. Quando la mente e il cuore sono come quando hai trent’anni, il resto cambia poco. L’infinita bellezza di avere ottanta anni è che ti viene l’idea che tu non morirai. Il giovane ha naturalmente paura della morte. Forse i giovani di oggi no, perché vanno in giro a fare quelle cose orribili, proprio perché hanno perduto le parole. Invece il vecchio pensa che sarà un addormentarsi lento. Non è una fine, è un vivere in un altro modo. Nel Prometeo c’è una frase che spiega tutto: ‘Io ho tolto agli uomini la paura della morte. Come hai fatto? Ho immesso nei loro cuori speranze cieche’. Questa è la forza che ci manda avanti. La speranza non ci fa vedere più indietro. Andiamo avanti così. E non pensiamo alla morte. Tutti pensiamo al lavoro, a fare l’amore, alla vacanza. Nessuno pensa alla morte, perché siamo pieni di tante altre cose meravigliose che ha immesso in noi il Creatore, o la Natura, proprio per evitarci questo pensiero”.
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