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Strage di Ustica, 37 anni senza verità

L'intenso lavoro dei giudici sembra ormai aver tracciato una pista: quella notte l'aereo dell'Itavia non era solo sui cieli del Mediterraneo.

Pubblicato:27-06-2017 11:58
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:28

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ROMA – Un mistero italiano, l’ennesimo. Come per la morte di Enrico Mattei o il rapimento di Aldo Moro, come per le stragi del terrorismo nero e di Cosa Nostra, anche l’esplosione del DC9 Itavia che costò la vita a 81 persone sopra i cieli di Ustica rischia di essere archiviata dalla storia senza nessuna verità.

Era il 27 giugno 1980, ore 20.59’. L’aereo DC9 della compagnia privata italiana Itavia sparisce dagli schermi radar senza trasmettere alcun segnale di emergenza. L’aereo, stabilizzato in crociera a 7.600 metri di quota lungo l’aerovia “Ambra 13”, precipita senza lanciare alcun allarme nei pressi del punto “Condor”, tra le isole di Ponza ed Ustica, inabissandosi nella cosiddetta “Fossa del Tirreno”, profonda oltre 3.500 metri. 81 persone perdono la vita, 77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio. 14 erano bambini.


Silenzi e depistaggi segnano 37 anni di indagini, fino all’ultima beffa: la desecretazione degli atti, voluta dal governo Renzi, che rivela inquietanti buchi negli archivi italiani. “Avevamo molto sperato che la direttiva Renzi potesse davvero portare alla desecretazione di documenti che avrebbero potuto dirci chi c’era quella notte in cielo e in mare”, ha commentato qualche giorno fa Daria Bonfietti, dell’associazione dei familiari delle vittime. “Basta dire che, tre anni dopo la direttiva Renzi che dispone la desecretazione degli atti sulle stragi degli anni ’60-’70-’80, il ministero dei Trasporti non ha depositato nulla se non qualche atto già noto della commissione Luttazzi. Alle nostre pressanti richieste gli uffici hanno risposto che non c’è ombra di documentazione alcuna e che non hanno neanche idea di dove dovrebbero essere i loro archivi “.

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GUERRA IN TEMPO DI PACE

Strage di Ustica cosa accadde C’è una storia nella storia, nella verità sull’esplosione del DC9. Smentita l’ipotesi di un ordigno nel bagno dell’aereo, ripescato intatto dal fondo del mare, l’intenso lavoro dei giudici sembra ormai aver tracciato una pista: quella notte, l’aereo dell’Itavia non era solo sui cieli del Mediterraneo.

La ricostruzione dei giudici, confermata dalla Nato, ha accertato l’intensa attività di caccia dell’Alleanza Atlantica negli stessi attimi dell’esplosione del DC9. Poco prima, quando l’aereo si trovava ancora sull’Appennino tosco-emiliano, un caccia intercettore dell’Aereonautica Italiana F-104S della base di Grosseto incrocia l’aereo Itavia seguito, a breve distanza, da un caccia non identificato che sfrutta la traccia radar dell’aereo civile per restare invisibile. A raccontarlo sono i due ufficiali a bordo del F-104S, i piloti Ivo Nutarelli e Mario Naldini, deceduti qualche anno dopo in una esibizione delle Frecce Tricolori a Ramstein, in Germania.

I piloti italiani danno l’allarme, le postazioni radar di Poggio Ballone tracciano gli attimi seguenti. C’è un aereo radar Awacs americano sui cieli dell’isola d’Elba, che segue la situazione. Ci sono dei caccia decollati dalla base aerea di Solenzara, in Corsica, che si dirigono a grande velocità verso il DC9. Poi, non c’è più niente.

Le registrazioni delle comunicazioni radio spariscono, le tracce radar anche. L’Alleanza Atlantica nega agli inquirenti la possibilità di analizzare i suoi dati.

UN AIUTO ALL’IMMAGINAZIONE

Dc9 Itavia_UsticaL’immaginazione potrebbe aiutare a ricostruire gli attimi successivi, ma non basta: per le autorità giudiziarie è impossibile accertare le responsabilità, scoprire chi ha sparato e chi ha dato l’ordine. Ma due altre vicende si intrecciano e aiutano a fare luce sulla battaglia combattuta nei cieli del Mediterraneo.

Era il 18 luglio 1980 quando veniva ritrovato un Mig libico precipitato sulla Sila. L’autopsia stabilì che il pilota del caccia di Gheddafi era morto tre settimane prima.

Ad aggiungere un ulteriore tassello al mistero del DC9 fu, poco prima di morire, il presidente emerito Francesco Cossiga. Geloso custode di tanti misteri italiani, Cossiga, che nel 1980 era presidente del Consiglio, rivelò che ad abbattere l’aereo Itavia sui cieli di Ustica fu un caccia francese durante uno scontro con un caccia libico.

Parigi, ovviamente, ha sempre smentito con forza le accuse. Ma due anni fa, a 35 anni dalla strage, una prima importante conferma: contrariamente a quanto a lungo sostenuto dall’aeronautica francese, la sera del 27 giugno 1980 la base aerea di Solenzara, in Corsica, era operativa.

di Michele Bollino

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