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VIDEO | Test genetici, che differenza c’è tra il Dna fetale e il test Trio dopo la nascita

È sempre più diffuso il ricorso a test genetici, per cercare di conoscere in anticipo le eventuali malattie di un bambino in arrivo ma no nsolo: ne abbiamo parlato con Claudio Giorlandino, presidente della Società italiana di Diagnosi prenatale e Medicina materno-fetale

Pubblicato:26-10-2023 09:34
Ultimo aggiornamento:26-10-2023 09:35
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ROMA – Il futuro non è più storia di sognatori, profezie e chiromanti. Sarebbe scritto nel dna tutto ciò che la vita ha in serbo per noi: malattie, condizioni di salute dei nostri figli, il tempo della morte e forse persino quello dell’amore.
I test genetici spopolano, spesso anche in modo troppo leggero e commerciale, su web. Ma si tratta di un percorso inesorabile: questo avanzamento della scienza “nasce per aiutarci, non per farci del male. Esiste l’eugenetica, è innegabile c’è sempre stata: quante gravidanze vengono interrotte per malattie come la sindrome di Down. Man mano che scopriamo sappiamo, quello che conta è che la gravidanza sia informata e consapevole, dobbiamo accettare e non possiamo fermare la scienza, ma filtrare secondo il buon senso”. Il professor Claudio Giorlandino, direttore scientifico di Altamedica e presidente della Società Italiana di Diagnosi Prenatale e Medicina Materno-Fetale, intervistato dall’agenzia Dire sulla frontiera dei test del dna e in particolare quelli neonatali o di screening ammette che certamente questa nuova e ormai diffusa conoscenza ci permette di poter intervenire tempestivamente su malattie dei neonati, ma anche di fare scelte di non nascita di fronte alla consapevolezza di una malattia.

NON C’È SOLO LA SINDROME DI DOWN

“Le anomalie genetiche e quindi le malattie- spiega ancora Giorlandino- sono 6mila”. E dobbiamo sempre ricordarci che del nostro dna ciò che ci codifica è l’esoma che rappresenta l’1%, tutto il resto del genoma non sappiamo a cosa serva. Questo 1% che conosciamo è fatto di 30mila geni e possiamo conoscere le anomalie,. che sono appunto 6mila. Non esiste solo la sindrome di down“, ricorda.

IL TEST TRIO E IL DNA FETALE, LA DIFFERENZA

E proprio nell’ambito oggi molto attenzionato ai futuri genitori dei test è bene distinguere tra “quello che si chiama Trio e si fa dopo la nascita del bambino: si prende l’esoma della mamma, del papà e del bimbo- spiega Giorlandino- o con amniocentesi o villocentesi prima della nascita o appena nato e si vede con certezza se un bimbo è sano e no. Molto diffuso e cosa diversa è il test del Dna fetale (si fa in gravidanza con un prelievo di sangue materno, ndr), che è di screening e ci dice qualcosa, ma mai con certezza e dà informazioni su circa 20 sindromi”.


SCELTE DIFFICILI E CONTENZIOSI

La medicina predittiva porta con sè l’opportunità di terapie tempestive, se per esempio un bambino nasce con una malattia metabolica, ma anche il fardello di scelte difficili. “Il medico deve informare, la scelta non è sua”, ribadisce Giorlandino, che ricorda anche i tanti numerosi contenziosi legali laddove i genitori non siano stati debitamente informati di test per sapere tutto del loro figlio e si ritrovano con un neonato con problemi.

MALATTIE GENETICHE MA NON SOLO

“La grande quantità di malattie è rappresentata da predisposizioni genetiche, poi ci sono le 6mila genetiche conclamate, poi poche le infettive e infine pochissime quelle tossiche, da farmaci a abuso di sostanze”. Tutto quindi di noi sembrerebbe esser scritto nella doppia elica: le malattie e il nostro futuro. E per qualcuno forse anche l’incontro perfetto e l’amore.

L’AMORE È SCRITTO NEL DNA?

“Ci sono polimorfismi, sensazioni e atteggiamenti nel considerare il partner che possono essere simili come il calore della pelle, odori, tatto tutte cose regolate da condizioni genetiche, ma non c’entra con il desiderio, con l’amore e nemmeno con il piacersi. È puramente commerciale”, dice il professor Giorlandino. Non esiste l’amore genetico, forse al massimo il dna ci svela la chimica dell’innamoramento e dell’affinità che ricerca i polimorfismi, “ma non dura si sa”. Allora almeno sull’amore può restare il vecchio adagio, ancora non smentito dai test, che gli opposti si attraggono: e non c’è polimorfismo che tenga. Si sa.

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