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Giorgia Meloni al Governo, Calderoli e Tajani al Senato e alla Camera

Il nuovo Parlamento si insedierà il 13 ottobre e procederà subito alla nomina dei nuovi presidenti di Camera e Senato

Pubblicato:26-09-2022 19:27
Ultimo aggiornamento:28-09-2022 12:50

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ROMA – Con i risultati definitivi sul voto degli italiani non c’è dubbio alcuno: Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha vinto le elezioni e nella terza settimana di ottobre sarà lei a ricevere l’incarico dal Capo dello Stato per formare il nuovo governo. Un Governo più di destra che di centro, visto e considerato che Forza Italia e Lega, anche sommando il loro risultato pari al 16 per cento restano ben 10 punti sotto il 26 per cento preso dalla leader di Fratelli d’Italia. E comunque, anche se ci saranno delle difficoltà nella composizione e nell’equilibrio dei posti da assegnare nel futuro governo, la coalizione ha vinto e quindi alla fine una quadra si troverà.

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Il nuovo Parlamento si insedierà il 13 ottobre e procederà subito alla nomina dei nuovi presidenti di Camera e Senato. Per quanto riguarda il Senato è assai probabile l’elezione del leghista Roberto Calderoli, parlamentare di lunga esperienza e che più volte ha mostrato di saper gestire l’Aula anche in momenti complicati; la presidenza della Camera andrà a Forza Italia, ed è assai probabile che toccherà ad Antonio Tajani, coordinatore nazionale degli Azzurri, con esperienza come presidente del Parlamento europeo che dopo aver stravinto nel suo collegio uninominale nella provincia di Roma lascerà il suo seggio a Bruxelles. Poi toccherà a Meloni vedersela con i suoi alleati, un Salvini in grande difficoltà e sotto botta nel suo partito; un Berlusconi che pur col misero otto per cento è super galvanizzato considerato che i suoi senatori saranno indispensabili per formare la maggioranza di governo.


Per quanto riguarda il peso politico e la rappresentanza, non c’è dubbio che Giorgia Meloni con la sua grande Assemblea programmatica organizzata proprio a Milano prima del voto e visto il risultato ottenuto da Fratelli d’Italia al Nord, possa rivendicare il posto e il ruolo finora svolto dalla Lega che un tempo si definiva del Nord. Lo ha capito al volo il Governatore del Veneto, il leghista Luca Zaia, che pur rieletto a grande maggioranza oggi si ritrova i Fratelli d’Italia a comandare in Veneto. Lo ha capito pure il Governatore della Lombardia, il leghista Attilio Fontana, che in vista della sua ricandidatura oggi si è messo a difendere tutto quello che ha fatto.Non basterà, perché alle prossime regionali, scommetto, Giorgia Meloni lo sostituirà con Letizia Moratti.

Tra i vincitori io metto anche Giuseppe Conte. Vero che rispetto alle passate politiche il M5S ha dimezzato i consensi, dal 32 al quasi 16 per cento. Ma quel Movimento negli ultimi 5 anni si era spappolato da faide e correnti tra questo o quel capetto. Pure la presidenza di Conte aveva trovato numerosi ostacoli, a partire dal Garante supremo, Beppe Grillo, che lo aveva disprezzato giudicandolo totalmente inadatto. Per non parlare dei sondaggi, tutti, che segnalavano la fine del Movimento, sprofondandolo a percentuali ridicole. Invece Conte ha azzeccato la campagna elettorale al Sud, con il tema caro della salvaguardia dei 700 euro del reddito che lo ha portato a stravincere ovunque. Per questo metto Conte tra i vincitori, perché ieri è nato il partito di Conte, una cosa nuova rispetto al Movimento di ieri, un partito che si piazza al terzo posto e in prospettiva potrebbe ancora crescere rubando voti ai vari pezzi di sinistra sparsi se non allo stesso Pd.

Capitolo Pd, risultato amaro, amarissimo. Il segretario richiamato da Parigi per risollevare il partito distrutto dalla gestione di Matteo Renzi alla fine si è ritrovato in mano con più cocci di ieri. Per questo ha detto che porterà presto i Dem al congresso dove non si ricandiderà alla segreteria. Basterà? Non basterà, perché non soltanto questa mossa fa capire che comunque si vuole gestire la vicenda coi soliti noti, quei soliti noti che il voto di ieri ha decisamente messo fuori giudicandoli non credibili per qualsiasi processo di rinnovamento. Anche le voci messe in circolo, di una possibile competizione tra il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, e la sua vice cara alla sinistra, Elly Schlein, sembrano la solita mossa per far scornare per poi far uscire il terzo, quello che garantirà l’esistente. Il Pd, il voto lo ha chiaro, ormai è un pseudo partito contenitore che non contiene più, anzi respinge quanti vorrebbero puntare su una forza di sinistra e riformista. Sono sicuro che molti tra quel 9-10 per cento di cittadini che hanno scelto di non votare vengono dalle file Dem. Per questo penso che sarebbe meglio avviare un processo di vero e profondo rinnovamento, con una parte che si mette in gioco sulla sinistra, insieme al M5S e gli altri spezzoni; una parte che si metta a costruire una forza politica riformista e liberale, che guardi a sinistra, recuperando alla causa Azione e Italia Viva di Calenda e Renzi, prima che questi si rimettano a litigare allargando di nuovo il fossato. 

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