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Italicum, vescovi: Non normale che tutto passi dai giudici, politica faccia suo mestiere

"Non sta a me decidere quando votare, non sono un parlamentare, ma rimandare le elezioni significa troppo spesso rimandare i problemi, far finta che non esistono”

Pubblicato:26-01-2017 13:56
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:50

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ROMA – Interpellato durante la conferenza stampa di chiusura del Consiglio episcopale permanente, sul responso della Consulta in merito all’Italicum, monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, ha affermato: “Non entro nei particolari tecnici di ciò che ha fatto la magistratura, mi limito a ricordare che abbiamo due leggi elettorali che sono entrambe fatte dalla magistratura. Mi auguro che la politica- ha proseguito il segretario generale Cei- di fronte a questi fatti non salti subito per decidere quando votare, ma avvii una riflessione seria sul perché ciò avviene”. Se la magistratura interviene, ha ipotizzato Galantino, “con molta probabilità vuol dire che la politica non ha fatto bene il suo mestiere”. Di qui la necessità che i politici, “pagati per fare certe cose”, si chiedano il motivo per cui “altri lo fanno al loro posto”.

“NON E’ NORMALE CHE PER OGNI COSA SERVA IL VAGLIO DEI MAGISTRATI”

Non è un Paese normale– ha incalzato Galantino- quello in cui ogni decisione debba essere presa con un organismo che decida se tu sei o non sei legittimato a fare questo”, ad esempio “a fare il sindaco o la sindaca”. A una domanda sulle eventuali preferenze dei vescovi sulla data delle elezioni, Galantino ha risposto: “Io non sono un parlamentare, e non sta a noi decidere se le elezioni si svolgeranno ad aprile, a giugno o l’anno prossimo: è una valutazione di carattere strettamente politico, e devono farla i politici”.

“RIMANDARE LE ELEZIONI SIGNIFICA RIMANDARE I PROBLEMI”

“Guai- ha ammonito però Galantino- se strumenti nati per migliorare la vita nazionale vengono strumentalizzati per altro”. “Le elezioni possono anche essere un diversivo”, ha osservato il segretario generale della Cei, “un’occasione per ‘contare’ e per capire chi deve contare. Rimandare le elezioni significa troppo spesso rimandare i problemi, far finta che non esistono”. L’auspicio della Chiesa italiana è che “le elezioni, in qualunque data avvengano, siano una risposta concreta per dire alla gente: rispondiamo ai vostri bisogni, non ai nostri progetti”. Infine, ha ricordato che “la Chiesa non è un potere né parallelo, né alternativo a chi ha responsabilità di governo. Quando un vescovo parla, anche con passione- ha puntualizzato- non lo fa perché vuole essere alternativo a questo o a quel governo, lo fa perché vuole dare un contributo al bene del Paese”.


(www.agensir.it)

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