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Costa Rica, ambasciatore: “Il 99,62% del fabbisogno energetico coperto da rinnovabili e rilanciamo”

Sul piano ambientale il Costa Rica non solo è un modello di sostenibilità ma è anche uno dei più entusiasti promotori dell'Accordo di Parigi

Pubblicato:24-11-2018 13:50
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:49

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ROMA – “Le sfide poste dai cambiamenti climatici sono tante e il Costa Rica sta facendo del suo meglio. A questo si aggiunge anche l’enorme problema dei migranti: se il fenomeno non è ordinato, l’impatto si farà sentire anche sulle risorse ambientali, oltre che in ambito sociale ed economico”. Così all’agenzia ‘Dire’ Ronald Flores Vega, ambasciatore di Costa Rica in Italia, raggiunto stamani a Roma a margine dell’incontro ‘La questione ambientale in America Latina’ organizzato da Mediatrends America – Europa, osservatorio sull’America Latina.

Il Costa Rica, come molti altri Paesi della regione, deve fare i conti con un flusso di migranti provenienti da teatri di crisi economica e securitaria, come il Venezuela, o più di recente il Nicaragua: secondo l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), a fine agosto 20mila nicaraguensi avevano fatto richiesta d’asilo alle autorità di San José. “I migranti contribuiscono allo sviluppo del nostro Paese – dice Flores Vega – ma dobbiamo fare uno sforzo collettivo per migliorare la situazione economica, politica e sociale dei Paesi da cui queste persone partono”. Sul piano ambientale, il Costa Rica non solo è un modello di sostenibilità – nel 2017 il 99,62% del fabbisogno energetico è stato coperto da fonti rinnovabili – ma è anche uno dei più entusiasti promotori dell’Accordo sul clima di Parigi. Lo dimostra il divieto, che scadrà nel 2021, di sfruttare i giacimenti di petrolio. Il governo di recente ha annunciato una piano per la costruzione di un treno elettrico, nonché interventi sul trasporto pubblico. “Il 70% dell’inquinamento dell’aria deriva ancora dal trasporto su strada” dice l’ambasciatore: “Dobbiamo cambiare paradigma”. L’aumento delle temperature minaccia in particolare la biodiversità delle montagne, delle foreste tropicali e della barriera corallina. Non ultimo, le foreste di mangrovie, delicate quanto fondamentali per l’ecosistema. “Non dimentichiamo poi l’impatto negativo che potrebbe avere sul turismo verde” sottolinea Flores Vega. “Stiamo affrontando anche il problema dello smaltimento dei rifiuti industriali e alimentari”. Più in generale, la regione latinoamericana è quella che subisce le conseguenze più forti del riscaldamento globale. Un impatto che influisce in particolare sull’insicurezza alimentare, di cui soffrono 40 milioni di persone – pari al 6% della popolazione – come ha detto surante l’incontro Enrique Yeves, responsabile della comunicazione della Fao, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura. Questo accade perché l’aumento delle temperature provoca siccità oppure inasprisce i fenomeni metereologici o i disastri naturali, causando a loro volta l’erosione dei terreni e la perdita dei raccolti o dei capi di bestiame. Tra il 2015 e il 2016 El Nino ha messo in una situazione di emergenza 3,6 milioni di persone tra Honduras, El Salvador e Guatemala, proprio i Paesi da cui in queste settimane sono partite migliaia di persone alla volta di Messico e Stati Uniti.


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