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Alla Festa del Cinema di Roma ‘Fuori era primavera’, l’affresco dell’Italia durante il lockdown di Gabriele Salvatores

Il documentario è stato realizzato con materiali inviati al regista da chi ha risposto al suo appello

Pubblicato:24-10-2020 19:57
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:07

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ROMA – Un lungo applauso della stampa ha accolto alla Festa del Cinema di Roma ‘Fuori era primavera – Viaggio nell’Italia del Lockdown’, il film collettivo e affresco della pandemia in Italia di Gabriele Salvatores, realizzato con materiali inviati al regista da coloro che hanno risposto al suo appello. Un puzzle di emozioni, paure e attimi di vita durante il lockdown e all’inizio della Fase 2, filtrati dall’occhio e dalla maestria del regista che, per una triste ironia della sorte, non ha potuto prendere parte alla kermesse cinematografica perché qualche giorno fa ha contratto il Coronavirus. Quasi a sottolineare l’attualità del tema trattato nella pellicola.

In ‘Fuori era primavera’ Salvatores ripercorre cronologicamente l’andamento della diffusione del Coronavirus nel nostro Paese, a partire da quando l’Italia guardava alla Cina e al virus come un problema lontano. Davanti agli occhi dello spettatore tornano le immagini delle terapie intensive stracolme e della fatica dei medici in prima linea, delle strade vuote e dei camion dell’esercito che trasportano le vittime di Bergamo. Il Papa e la sua benedizione “Urbi et Orbi” in una piazza San Pietro deserta, le canzoni dai balconi, la pasqua e i compleanni festeggiati on line con parenti e amici. Immagini entrate nell’immaginario collettivo grazie ai media, unica finestra sul mondo durante il lockdown, ma non solo. Nel film sono tante le piccole storie che raccontano le emozioni vissute: c’è la lotta per la sopravvivenza di un rider che continua a lavorare nonostante il guadagno irrisorio derivante dalle sue consegne, la preoccupazione di una madre in dolce attesa, che sul pancione scrive l’autocertificazione che permette al figlio di venire al mondo e la saggezza di un’anziana di 103 anni, che fornisce la chiave di volta di tutto ciò che abbiamo vissuto, e con la cui dichiarazione Salvatores decide di concludere il suo racconto: “Secondo me di questo coronavirus nessuno c’ha capito niente”. Nel mezzo la sofferenza, la tenacia e la resilienza mista a creatività e intraprendenza del popolo italiano, capace di sorridere anche delle più grandi tragedie. E lo sguardo e l’innocenza dei bambini, che combattono il Covid con armi di cartone e risolutamente dichiarano: “Questo virus deve andare via, perché io devo tornare a scuola”. Last but not least la natura maltrattata dagli uomini e la sua rinascita.


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