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L’avvertimento di Livolsi: “Il Governo e il rischio dell’inerzia”

Il commento di Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A., nel nuovo appuntamento con la sua rubrica con l'agenzia Dire, curata da Angelica Bianco

Pubblicato:24-04-2024 09:43
Ultimo aggiornamento:24-04-2024 09:43
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ROMA – “Sono sotto gli occhi di tutti le contraddizioni macroeconomiche del nostro Paese. Vediamone alcune, prendendo spunto dall’attualità. Il Def-Documento di economia e finanza di recente presentato dal Governo e approvato dal Parlamento, indica solo i dati di tendenza dell’economia e non gli obiettivi. Solo due esecutivi avevano fatto lo stesso in precedenza, quello di Paolo Gentiloni nell’aprile del 2018 e quello di Mario Draghi nel settembre 2022, ma erano entrambi dimissionari dopo elezione che sconvolgevano il quadro politico.

La scelta di Palazzo Chigi è stata accolta con tranquillità da Bruxelles – che aveva comunque già procrastinato la scadenza.

Si tratta di un buon segno? L’Italia non è più osservata speciale per i mercati. Bisogna però avere il coraggio di dire che, in vista delle imminenti elezioni europee del prossimo giugno, le incognite dei conti dello Stato non sono un buon biglietto da visita per chiedere voti”. Lo scrive Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A., nel nuovo appuntamento della sua rubrica con l’agenzia Dire, curata da Angelica Bianco.


“Si fa sentire il conto del superbonus di 200 miliardi, sei volte superiore alle stime- spiega- Per chiarezza va detto che il provvedimento è stato voluto dal centrosinistra che sosteneva il Governo Conte e nel corso degli anni successivi difeso e procrastinato – con l’eccezione del Governo Draghi – anche da parte dei partiti di centrodestra fino all’inizio di questo mese. L’Italia entrerà a giugno in una procedura europea per deficit eccessivo, che prevede che il Paese riduca il suo deficit pubblico strutturale di circa lo 0,3% del prodotto lordo l’anno. Il Governo dovrà non solo trovare sei miliardi di risparmi previsti dal nuovo Patto di stabilità, ma anche cercarne 19 per riconfermare gli sgravi fiscali e contributivi che sono stati decisi e finanziati per il solo 2024”.

“Intanto, secondo Bankitalia- dice ancora Livolsi- il debito pubblico registra un nuovo record, raggiungendo a febbraio 2.874,4 miliardi, con un aumento di 22,9 miliardi rispetto a gennaio. Su ogni italiano, compresi i neonati, grava un debito medio di circa 48.700 euro. Dall’altro lato, ci sono gli aspetti positivi. Guardiamo ancora all’attualità. Secondo le stime dell’Istat, l’occupazione cresce ancora e aumentano i contratti a tempo indeterminato.

Registriamo poi il successo del Salone del Mobile di Milano con 174mila metri quadri di superficie espositiva, 1.900 espositori da oltre 30 Paesi, 361mila presenze (+17% rispetto all’edizione 2023) e di Vinitaly di Verona, con produttori da 30 Paesi, 30mila operatori, 97mila presenze (+20% sul 2023). L’export dei settori legati al made in Italy tocca quota 420 miliardi e nel 2023 ha consentito alla manifattura italiana di assestarsi al quinto posto nella graduatoria dei grandi esportatori mondiali superando la Corea del Sud.

Lo ha sostenuto la settimana scorsa il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso in occasione delle celebrazioni ufficiali della Giornata del made in Italy, che si è svolta il 15 aprile, data che coincide con l’anniversario della nascita di Leonardo da Vinci”.

“Tutto bene? Meglio essere prudenti- frena Livolsi- Bisogna evitare il rischio dell’inerzia. Il made in Italy non deve essere uno slogan, ma un fatto concreto, che va tenuto vivo, aggiornato e contestualizzato. Un prodotto di design italiano non può essere promosso allo stesso modo in Francia o in Giappone, negli Stati Uniti o in Cina.

Anche le competenze si trasformano e vanno utilizzate in modo diverso. Proprio durante il Salone del Mobile è stato ricordato come la figura del designer sia sempre più specializzata, pensiamo ai designer creatori di contenuti digitali o che operano in ambiti come la biologia e la giurisprudenza. Bisogna anche insistere sul fatto che lo Stato deve favorire le imprese e l’imprenditorialità.

Le nostre aziende, anche le migliori, devono essere incentivate a superare i loro limiti, ad ampliare la propria dimensione, a quotarsi e ad aprirsi al contributo esterno di capitale e di dirigenti”.
“Vanno infine aumentati gli investimenti pubblici- conclude Livolsi- a cominciare da quelli del Pnrr: dalla sanità alla messa in sicurezza del territorio all’ambiente all’istruzione e alla ricerca”.

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